Trieste, violenze in casa sul figlio disabile. L'esperto: «Traumi che non si cancellano»

Il padre, 59enne, è indagato per maltrattamenti. Lo psicoterapeuta: «Il minore avrà paura degli altri»
Il tribunale di Trieste
Il tribunale di Trieste

TRIESTE Picchiava il figlio minorenne disabile e lo costringeva a umiliazioni continue, anche obbligandolo a stare chiuso in bagno e a dormire in vasca. L’uomo, un cinquantanovenne residente a Trieste, è indagato dalla Procura per maltrattamenti. Il gip Luigi Dainotti ha emesso a suo carico un’ordinanza di allontanamento dall’abitazione familiare e di divieto di avvicinamento, oltre che di comunicazione, sia con il figlio che con la moglie.

Il caso è venuto a galla grazie alla denuncia della madre, coniuge del cinquantanovenne e pure lei picchiata e sottoposta a maltrattamenti costanti. La donna ha filmato alcune scene delle violenze sul figlio: il ragazzino, portatore di handicap, veniva preso a schiaffi, a pugni in testa e in pancia. Una volta, ad esempio, perché aveva preso delle caramelle al supermercato, un’altra perché aveva acceso la televisione senza permesso.

«Gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato», annota il gip nell’ ordinanza.

Vicende del genere, osserva lo psicoterapeuta Aldo Raul Becce, provocano traumi indelebili. «Il bambino potrebbe crescere con la paura degli altri». Becce, che lavora a Trieste, è presidente di Jonas Italia, associazione di professionisti che raccoglie trentacinque sedi diffuse in tutto il Paese offrendo aiuto psicologico a tariffa sociale.

Aldo Raul Becce, psicoterapeuta e presidente di Jonas Italia
Aldo Raul Becce, psicoterapeuta e presidente di Jonas Italia


Quali sono le conseguenze in un minore che subisce violenze?

La prima esperienza di socializzazione, ciò che si apprende, avviene in famiglia. Se un bambino vive nella violenza, è educato a questo. Perché gli eventi traumatici avvenuti nell’infanzia vengono scritti nell’inconscio per sempre. La casa dovrebbe essere rifugio, protezione, se invece diventa fonte di violenza il bambino cresce pensando che tutto sia violento.

Anche il minore, crescendo, tenderà a essere a sua volta violento?

Non necessariamente. Nella psicologia degli umani, infatti, due più due non fa per forza quattro. Si può vivere nel peggiore degli orrori ma aprirsi a una vita luminosa. Ma il minore può crescere in una forma di inibizione nel rapportarsi con gli altri, perché teme la violenza. Potrà amare questo bambino?

C’è poi l’umiliazione. Nella denuncia la madre sostiene che il figlio era costretto dal padre a stare in bagno e a dormire in vasca. Così si legge negli atti giudiziari.

Il bambino perde il proprio spazio, si sente in una prigione. Un padre che compie atti del genere lo fa per esercitare potere sul bambino e in casa. Piccole dittature. Forse è un uomo che a sua volta ha avuto una storia personale di violenze, che comunque non giustifica ciò che fa: il padre potrebbe farsi aiutare, invece sta scegliendo la violenza.

Parliamo peraltro di un minore disabile.

Se i fatti dovessero essere accertati, andrebbe approfondito se la disabilità può essere stata determinata proprio dal vissuto familiare. Un bambino picchiato e umiliato cresce senza fiducia nel proprio corpo, nelle proprie capacità e azioni, oltre che nell’altro. Non cresce. Il trauma lo blocca. Ci sono bimbi che non crescono, che non giocano, che sono chiusi in se stessi perché hanno paura di ogni cosa che succede.

È essenziale il ruolo della madre. Anche il suo coraggio nel denunciare.

La mamma ha tentato di fare qualcosa, ha cercato di proteggere il figlio e ha denunciato. Ed è molto importante perché nella maggior parte dei casi le violenze non vengono denunciate: si vive nel terrore e nel silenzio assoluto. La mamma invece ha avuto molto coraggio. E nel suo atto di amore protettivo ha ricreato un po’ di fiducia nel figlio: gli ha trasmesso la possibilità del riscatto. Gli ha comunicato che la vita può cambiare, non è un destino segnato.

Quale lavoro terapeutico si può fare nei confronti di un bimbo che ha vissuto violenze?

Creare uno spazio in cui possa esprimere ciò che sente dentro e ricorda, anche attraverso il gioco. E mostrargli che non tutti gli adulti sono uguali. Vorrei infine sottolineare l’importanza delle istituzioni in vicende del genere, che sanno riconoscere e segnalare le violenze. —


 

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