Trieste, viaggio nelle baracche del Silos dove ora tra i profughi “invisibili” ci sono anche i ragazzini

TRIESTE Ha gli occhi assonnati di un bambino appena sveglio quando la mamma gli dice di alzarsi perché è tardi e deve andare a scuola. Ma Kerim forse una scuola non l’ha mai vista. Non ha compagni di classe, ma compagni di viaggio. Kerim ha tredici anni, è afghano. È arrivato a Trieste da un paio di giorni assieme a un gruppo di profughi. Tra loro vari minori quindicenni e sedicenni. Pare anche un altro ancora più piccolo e una donna incinta.
Ecco il Silos ieri alla nove di mattina, con le sue solite baracche di legno e di cartone costruite nel fango e nella polvere. L’enorme capannone è occupato da una trentina di migranti. O di più, non si sa. Persone che evidentemente non hanno ancora una sistemazione nella rete di accoglienza cittadina, o di cui nessuno si è accorto, e che non trovano altro che dormire per terra su materassi e coperte sudice. Tra avanzi di cibo, escrementi, topi, scarafaggi e cumuli di spazzatura.

Da quanto tempo sono là? Non si sa. Le voci si contraddicono: qualche giorno, come riferiscono alcuni, tra cui proprio Kerim. Altri parlano di settimane, se non addirittura mesi. Ma gruppetti di migranti così giovani, praticamente poco più che bambini, al Silos non si erano mai visti prima.
«Siamo partiti dall’Afghanistan - racconta in inglese un giovane - due mesi fa». Hanno seguito la rotta balcanica come migliaia di connazionali, viaggiando nascosti in auto e camion. Hanno camminato nei boschi fino a raggiungere il confine tra la Slovenia e l’Italia. Di notte, alle porte di Trieste lungo i sentieri del Carso, hanno abbandonato zaini e abiti.

Molti di loro nelle scorse settimane dormivano sulle Rive e in piazza Libertà. Erano i giorni degli sgomberi e delle ronde. Ora i profughi sono di nuovo al Silos, dove nessuno si preoccupa più di tanto del «decoro».
La presenza dei minori, documentata dal giornale con foto e testimonianze, ieri ha suscitato una certa agitazione tra l’apparato istituzionale che si occupa della gestione dei migranti. Per legge i minorenni non accompagnati sono a carico del Comune.
L’assessore alle Politiche sociali Carlo Grilli ha contattato la Prefettura. Che, a sua volta, ha mandato al Silos la polizia. «Sono persone che non si riescono a inserire nei programmi di protezione - ha affermato Grilli -, non passano attraverso di noi...ma dobbiamo intervenire immediatamente. Bambini là dentro non devono stare».

Sul posto pure gli operatori dell’Ics. «Non ci era stato segnalato alcun minore - osserva il presidente Gianfranco Schiavone -. Se ciò fosse avvenuto saremmo intervenuti subito. Probabilmente sono persone in transito verso altri Paesi Ue per raggiungere parenti e amici. Spesso non vogliono farsi identificare perché temono di restare bloccati in Italia. Il fenomeno è una piaga italiana da tempo che riemerge laddove le istituzioni latitano. I minori non sanno che hanno il diritto di essere trasferiti in altri Paesi dove hanno un parente. Ma - insiste Schiavone - qui sta il punto: questo fenomeno si può evitare solo se c’è un programma stringente di monitoraggio nei luoghi difficili in modo da rassicurarli. Laddove invece c’è odio, caccia all’uomo e ronde di facinorosi, sono proprio i minori a farne le spese. Il Comune deve smetterla con le sceneggiate, si assuma la propria responsabilità».
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