Trieste, venduti i negozi Coop: "blindati" i rimborsi promessi ai soci

Oltre il 90 per cento del patrimonio delle Coop operaie è stato prenotato dai big della grande distribuzione (Coop NordEst, Conad e Despar in primis) nell'asta svoltasi nello studio dell'avvocato Maurizio Consoli. Gli introiti andranno a coprire i rimborsi promessi ai soci, con un recupero dei loro risparmi superiore all'80%

TRIESTE Quattro matrimoni e un funerale. E la vita continua pure nel lutto. L’asta-fiume degli immobili e dei rami d’azienda delle Coop operaie andata in scena mercoledì fino a tarda ora nello studio dell’avvocato Maurizio Consoli - nell’occasione padrone di casa e del “banco” in quanto amministratore giudiziario delle stesse Operaie - da un lato ha celebrato la fine di una storia ultracentenaria, roba da far venire il groppo in gola a mezza città, ma dall’altro ha benedetto il passaggio dei punti vendita a quattro sostanziali “players”: i tre colossi Nordest (che se ne prende undici, in primis l’iper delle Torri), Despar (otto, quasi la metà del pacchetto originario da venti delle Nordest) e Conad (sette) più una quarta “categoria” costituita o da catene locali esistenti o da dipendenti Coop intenzionati a diventare “autoimprenditori” attraverso l’acquisizione dell’asset d’impresa dei market più piccoli (categoria che garantisce a sua volta la sopravvivenza di altri otto negozi).

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Considerando che ulteriori due punti vendita non ancora vincolati per questioni procedurali saranno comunque assegnati a stretto giro (uno è quello sangiacomino di via dell’Istria, conteso tra una catena locale e un gruppo di autoimprenditori, l’altro è quello di Monfalcone, già promesso alle Coop Nordest) la morale è che nessuno dei supermercati triestini (e isontini) delle Coop operaie, eccezion fatta per quello di Altura, con gli impianti più malandati e già dismesso di recente, sarà chiuso. Tutti venduti e aperti come prima, insomma.

Il risultato dell’asta chiusa mercoledì notte sancisce quindi, da un punto di vista più generale, il destino di quasi tutti i punti vendita a marchio Coop operaie: 36 su 42, tenendo fuori sia quello già citato di Altura sia l’iper croato di Fiume che per il momento non è oggetto di alienazione ed è peraltro fuori lista, continueranno in effetti a vivere sotto un’altra insegna commerciale. I sei rimasti scoperti, sull’orlo della chiusura, al di là di quello d’Altura, stanno a cavallo tra il Friuli e la Destra Tagliamento (si legga in proposito la tabella, ndr) e risultano essere i negozi più piccoli e decentrati e di conseguenza i meno appetibili per i compratori.

Un'immagine delle Coop delle Torri
Un'immagine delle Coop delle Torri

L’esito della gara alla quale tali compratori hanno preso parte mercoledì, inoltre, strappa un paio di considerazioni allo stesso commissario Consoli, che ieri si è affidato a un comunicato, pubblicato fra l’altro sul sito delle Operaie. Una è che «sotto il profilo occupazionale le offerte selezionate prevedono il quasi integrale rilievo degli addetti complessivamente occupati nei punti vendita interessati»: per il conto finale degli esuberi e per la presa d’atto dell’eventuale cambio delle condizioni contrattuali, in base al trasloco delle posizioni dei lavoratori ad altro “datore”, se ne riparlerà nei prossimi giorni, dopo che - a partire da oggi - si saranno «concluse le procedure di consultazione sindacale previste dalla legge nei casi di trasferimenti di aziende».

La seconda considerazione, parimenti attesa, è che le 34 offerte finora selezionate per altrettanti punti vendita più le “gallerie” delle Torri d’Europa (il piano terra Mediaworld compreso), cui dovrà essere aggiunto il realizzo dai negozi di San Giacomo e Monfalcone più quello dal valore stimato di tutte le merci giacenti, vale già 58 milioni e 755mila euro: «un risultato superiore per circa un milione e mezzo alle previsioni della proposta concordataria».

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L'ipermercato delle Coop Operaie alle Torri

Ciò vuol dire che «i pagamenti ai creditori... trovano conferma quantitativa e temporale»: siamo insomma al “rispetto” delle “promesse” riguardo il famoso 81,38%, e a questo punto forse anche qualcosa in più, di rimborso prospettato nel concordato di marzo ai soci prestatori. «L’avvocato Consoli ha fatto un buon lavoro, mettendo i possibili acquirenti in concorenza tra loro per apprezzare il più possibile il valore del patrimonio delle Operaie», ha ammesso ieri Fabio Bosco, presente all’asta.

I tempi di riscossione, a prescindere dal 30% della fideiussione che arriverà a luglio da Banca Generali, dipenderanno dalla cadenza dei rogiti di compravendita, che inizieranno la settimana successiva a quella del 15 giugno, ovvero il giorno dell’udienza di omologa del concordato e della nomina, da parte del Tribunale, del liquidatore.

Già a partire da lunedì 22 giugno, pertanto, sarà possibile veder calare per qualche giorno le saracinesche dei negozi che saranno già passati formalmente di mano davanti a un notaio e che rimarranno chiusi per consentire ai nuovi proprietari il cambio del layout e, soprattutto, delle insegne. Con buona pace del groppo in gola di cui si diceva.

 

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