Trieste, Valmaura si ribella all’arrivo dei profughi del Silos

Residenti del rione popolare infuriati dopo l’annuncio del trasferimento in via Rio Primario di cento migranti. «Abbiamo paura, non li vogliamo»
Lasorte Trieste 01/09/15 - Silos, Profughi
Lasorte Trieste 01/09/15 - Silos, Profughi

TRIESTE Preoccupazione, rabbia, paura. I residenti di Valmaura non hanno digerito affatto la decisione scaturita dal vertice tra Comune e Prefettura sul fronte emergenza immigrazione in città, al termine del quale è stato individuato nel capannone della Saf in via Rio Primario la struttura dove trasferire un centinaio di profughi che da tempo bivaccano nella baraccopoli del Silos. Un’operazione che richiede ancora alcuni passaggi tecnico-organizzativi e che in ogni caso, secondo le rassicurazioni del Comune, non rappresenterà una soluzione definitiva al problema. Ma intanto, da un paio di giorni a questa parte, nel quartiere di Valmaura non si parla d'altro. Nei bar, lungo le strade, nei giardini o davanti ai supermercati, è diventato questo l'argomento principale di discussione: una situazione che sta creando una notevole apprensione tra i residenti, molti dei quali, soprattutto quelli più anziani, si ribellano alla decisione presa dalle istituzioni.

«Non li vogliamo - sbotta senza mezzi termini Annamaria, che da anni abita proprio in via Valmaura -. Sarebbe una mazzata per l'intero rione che ha già i suoi problemi. Sono vedova e mi sento indifesa: qualche tempo fa sono anche stata importunata pesantemente da un immigrato fuori dal cimitero. Con questi ulteriori nuovi arrivi non mi sentirei più sicura a casa mia». Pensieri condivisi da Renato, pensionato che abita nel quartiere da quasi 50 anni. «È una decisione che non mi sta bene e che non accetto - afferma -. Fino ad oggi qui si viveva abbastanza bene: adesso però c'è il rischio concreto che possano accadere episodi di criminalità. Basta vedere quello che succede ogni giorno. Ho paura e non mi sento più tranquillo».

I profughi del Silos traslocano a Valmaura
Lasorte Trieste 29/03/12 - Sala Giunta, Presentazione Bilancio Comune, Famulari

Maria parla con le amiche di fronte allo stadio. «Si fa già fatica ad uscire di casa - commenta -. Appena qualche giorno fa nelle abitazioni vicine alla mia ci sono stati dei furti. C'è poco da fare: esiste una grande preoccupazione che sarebbe acuita da questi nuovi arrivi. Io ormai ho paura ad uscire da sola la sera». Secondo Francesco, che vive a Valmaura da più di mezzo secolo, il problema non sono tanto i profughi in se stessi quanto il loro stile di vita. «Più che dei soldi a loro bisognerebbe dare un lavoro - sottolinea -. Queste persone non hanno nulla da fare per tutto il giorno e alla fine si arrangiano come possono. Una situazione pericolosa che può portare inevitabilmente ad episodi di delinquenza. Una decisione che peraltro ci è stata imposta dalle istituzioni senza sentire il parere dei residenti».

Un aspetto quest'ultimo sul quale si sofferma anche Donatella, che passeggia insieme alla madre. «Ci mancava pure questa - annota -. Nel quartiere ci sono già parecchi problemi. Penso alla Ferriera, al degrado delle case Ater o alla questione viabilità e parcheggi quando ci sono le partite allo stadio. Adesso anche i migranti. Guarda caso però queste strutture non vengono mai individuate nel centro storico o nei quartieri più nobili della città. La periferia invece va sempre bene per queste cose. Si tratta di un'ingiustizia bella e buona».

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Alcuni dei migranti accampati da giorni sotto le volte fatiscenti del Silos (Lasorte)

Aldo ed un suo amico sono seduti sulle panchine del giardino comunale, una piccola oasi verde del quartiere. «È inutile parlare di queste cose, tanto alla fine non cambia nulla - taglia corto -. Le decisioni vengono prese dall'alto e noi cittadini non contiamo più nulla. Ormai dobbiamo abituarci a quella che sarà una vera e propria invasione di profughi. Tra poco comanderanno loro a casa nostra».

Se da parte della popolazione più anziana viene eretta dunque una sorta di muro virtuale sulla questione, dalle giovani generazioni arriva invece qualche segnale di apertura. È il caso di Marzia, che tiene in braccio il bambino di pochi mesi. «C'è un sentimento di umana comprensione per queste persone - precisa -. È chiaro che il problema non sono i profughi, ma il modo con il quale viene gestita la questione immigrazione a tutti i livelli. Bisogna trovare delle soluzioni definitive che non rappresentino soltanto un tampone all'emergenza». Sulla stessa lunghezza d'onda anche Francesca e Claudia. «Non è una questione di pregiudizi: siamo di fronte a una migrazione di massa di dimensioni epocali. Il problema vero è che nel nostro Paese non ci sono regole certe e non si riesce a gestire la situazione nel modo più appropriato».

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