Trieste, uscite in mare “gonfiate” per ottenere le indennità

Accusa di truffa e falso ideologico per cinque poliziotti della Squadra nautica. Sulla carta eseguivano controlli in golfo, in realtà stavano tranquilli a terra

TRIESTE I serbatoi venivano riempiti. E i controlli in mare intensificati. Così almeno appariva sui rapporti degli agenti in servizio alla Squadra nautica della Questura di Trieste, con base in Porto vecchio. Rapporti stilati regolarmente, giorno dopo giorno. Peccato che ciò che veniva scritto e firmato in calce a quelle relazioni di servizio non fosse assolutamente vero. Perché la vedetta d’altura e i tre gommoni della Polizia uscivano regolarmente dalla base. Ma in mare, di pattuglia, rimanevano solamente per poche ore, al contrario di quello che appariva ufficialmente. Un trucchetto andato avanti per mesi fino a quando le indagini coordinate dal pm Federico Frezza non l’hanno smascherato.

Risultato? Un’accusa di falso ideologico e truffa a carico di cinque componenti della Squadra nautica. Salvatore Naseddu, 52 anni, Sigfrido Cerna, 46 anni; Renzo Erman, 52 anni; Christian Busan, 41 anni e Paolo Volturno di 52 anni, secondo il pm avevano il “vizietto” di allungare - fittiziamente - le uscite di pattuglia in mare, presentate autentici superimpegni. Quelle uscite invece avevano sempre un rientro «anticipato», come accertato dalle telecamere. Abbastanza, come detto, per far scattare l’accusa non solo di truffa, ma anche di falso ideologico visti gli orari di rientro “taroccati” riportati in atti ufficiali come le relazioni di servizio. Orari descritti in maniera particolarmente “generosa”per far scattare le relative indennità di servizio esterno.

Anzichè girare in mare per effettuare controlli al servizio dei diportisti, dunque, i cinque poliziotti della Squadra nautica finiti nella bufera giudiziaria a Trieste, se ne stavano a terra per gli affari loro. Letteralmente liberi dal servizio. Una contestazione messa nero su bianco nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari notificato agli uomini della Questura, difesi dagli avvocati Ferdinando Ambrosiano, Antonio Florean, Franco Crevatin, Giorgio Borean e Luca Maria Ferrucci.

L’avviso, come noto, formalmente prelude la richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm Frezza. Nello stesso atto tuttavia lo stesso pm ha alternativamente proposto per i cinque poliziotti di patteggiare a 10 mesi la pena (sospesa).

Il caso più rilevante è quello di Salvatore Naseddu, indicato, a presupposto dell’accusa di falso, come ufficiale di polizia giudiziaria. Sua, per esempio, la firma riportata in calce alla relazione di servizio del 18 luglio 2014. Quel giorno, stando alle indicazioni contenute nel rapporto, la vedetta aveva operato per 4 ore e 20 minuti. «Alle 14 - così era stato scritto - lasciava gli ormeggi. Si rientrava alle 16.20 e alle 17 veniva effettuata una prova in mare. Quindi si continuava il servizio nel corso del quale venivano identificate sei persone». Ma la realtà svelata dalle immagini delle telecamere era risultata ben diversa. Dal filmato era emerso che la durata effettiva della navigazione era stata di 2 ore e 20 minuti. La metà, insomma.

Ma c’è di più. In questo caso le immagini havevano svelato che a bordo della vedetta c’era anche un’ospite, «una donna ignota», così appare nell’atto che era stata filmata alle 15.56 sul ponte del mezzo della Squadra nautica in arrivo alla base.

La stessa cosa è poi accaduta il 17 settembre. Quel pomeriggio la bandiera era stata ufficialmente ammainata alle 18.21, oltre un’ora dopo l’ora esatta. Al gruppetto sono stati contestati anche altri identici episodi. Quelli per esempio attribuiti a Sigfrido Cerna del 21 luglio, del 14 settembre e del 3 ottobre. Uscite di due ore e mezza lievitate a tre ore e mezza e in un caso a oltre 4 ore. E ancora altre uscite gonfiate riferite a Renzo Erman, un vero e proprio recordman. In un’occasione ha scritto di essere rimasto in mare per 4,5 ore mentre se l’è cavata con un giretto di un’ora e 51 minuti.

Così pure per Christian Busan che nel rapporto di settembre ha scritto «si usciva in mare alle 9 e si rientrava alle 12.20». Quando in realtà la vedetta aveva solcato le onde per 50 minuti.

Più esteso infine il giro in mare dell’ultimo indagato: Paolo Volturno. In un giorno di ottobre aveva navigato per 2 ore e 26 minuti. Ma di ore nella relazione ne aveva indicate ben quattro.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:truffepolizia

Riproduzione riservata © Il Piccolo