Trieste, una collina di rifiuti pericolosi: dossier del Noe su via Errera

Ex discarica abbandonata alle spalle dell'impianto. Inquinamento di terreni, falde e mare. Sotto accusa i ritardi del Comune che potrebbe ore dover pagare i costi di bonifica stimati in 27 milioni

TRIESTE Eccola là, dimenticata in un angolo di zona industriale. Ma ora ritorna, come un parente antipatico che non si vedeva da tempo e si presenta all’improvviso alla porta. Come la polvere nascosta per anni sotto il tappeto. Arriva il momento che spunta fuori. Trieste prima o poi doveva fare i conti con l’ex discarica di via Errera, costruita dal Comune negli anni Ottanta e poi lasciata a se stessa. Una collina in cui è finito di tutto. Rifiuti di ogni genere, anche pericolosi. E idrocarburi, scivolati in mare nello specchio d’acqua del Canale navigabile. Lentamente, giorno dopo giorno, anno dopo anno.

 

Discarica sul mare a Trieste: liquami tossici nelll'area inquinata di via Errera

 

Quanto costa bonificare. Un disastro ecologico che adesso presenta il conto. C’è un dossier di nove pagine preparato dalla Provincia, passato alle competenze della Regione, e su cui sono stati allertati i Carabinieri del Noe. Il documento punta il dito proprio sul Comune, ritenuto colpevole di ciò che oggi è quella discarica: nessuna amministrazione si è mai occupata di metterla in sicurezza. E l’attuale giunta Dipiazza, viene precisato, non starebbe collaborando per intervenire. Di più. C’è pure una somma per le bonifiche necessarie per salvare il salvabile, stimata dall’Autorità portuale: 27 milioni di euro. Un decimo del bilancio municipale.

 

Scaricabarile. Ma siamo ancora a uno stadio nebuloso della vicenda per stabilire chi pagherà e quando: l’Authority è proprietaria del terreno, ma non responsabile dell’inquinamento. Il Comune invece è responsabile ma non proprietario. Si preannuncia un gioco al rimpallo? Per capire di cosa si sta davvero parlando occorre non solo analizzare a fondo quel dossier, ma anche guardare da vicino lo scempio ambientale di cui pochi hanno memoria.

La storia. La discarica, autorizzata dalla Regione Fvg dall’84 all’87 in base alle norme vigenti allora “per lo scarico di solidi inerti”, è in fondo a via Errera a pochi metri dal termovalorizzatore. È in un’enorme campagna che si intravede dalla superstrada, circondata da una rete arancione, ormai crollata in più punti. Qui, a partire dall’84, hanno depositato roba edile e industriale: resti di demolizioni e scavi, scorie prodotte dall’inceneritore. Pneumatici, plastica e legname. Una quantità di monnezza che nel tempo è diventata un tutt’uno col suolo. Si cammina tra la sterpaglia e i rovi cresciuti sulla spazzatura. Il piede affonda spesso nella melma. Fango misto alla morchia sversata senza troppi complimenti quando le leggi lo permettevano. In effetti il decreto regionale 426 del 24 agosto 1983 concede al Comune di disfarsi dei materiali “solidi inerti” pure in acqua, ma con l’avvertimento che «l’avanzamento a mare sarebbe dovuto avvenire con una barriera capace di impedirne l’inquinamento». Spallucce.

Siamo nell’89 quando il Comune comunica alla Regione la conclusione dell’attività di discarica, avvenuta già due anni prima. Il municipio domanda però di mantenere la concessione «in attesa di terminare i lavori di protezione a mare». Mai fatti: la struttura viene chiusa proprio nell’87 ma, precisa il dossier, «senza realizzare alcunché». La discarica, tira le somme il documento della Provincia, è stata quindi costruita «scaricando rifiuti direttamente sui sedimenti marini».

Terzo Mondo. Oggi, più che il lungomare triestino, quel lembo di costa ricorda le peggiori periferie del Terzo mondo. Una brodaglia nerastra di copertoni, barili, tubi e piloni di cemento armato. Dove si interrompe la collinetta, sulla riva, sul terrapieno, si scorge tutta la spazzatura accumulata negli anni. Cavi, bidoni e pezzi di asfalto inzuppati nella fanghiglia uno sopra l’altro. Come una torta a strati che Madre Natura si sta pian piano divorando. Adesso i nodi vengono al pettine. Vecchi e nuovi. Perché la vergogna di via Errera sta scrivendo una pagina inedita. Lo dice proprio il dossier, visto che qualcuno negli ultimi due anni ha cominciato a infilare il naso su quanto accaduto. È la Conferenza dei Servizi ministeriale che con istruttoria dell’aprile scorso ha dato mandato alla Provincia di trovare chi dovrà rispondere della contaminazione. Dal momento che la discarica sta all’interno del Sin, il sito inquinato di zona industriale, vige l’accordo di programma del 2012, secondo cui le opere di analisi (caratterizzazioni) e le bonifiche sono a carico dei soggetti che hanno determinato l’inquinamento.

Inchiodati alle responsabilità. Una bomba: è il Comune di Trieste, come accusa il dossier, cioè l’ente a cui era stata affidata la discarica. La Provincia, incaricata a indagare, si è mossa avanti. E il 16 maggio scorso, negli ultimi scampoli della giunta Cosolini, ha sollecitato il municipio a fornire tutta la documentazione del caso: il progetto e la gestione dell’area. Non solo. Anche «fatti riguardanti eventuali episodi di conferimento illecito di materiali». Un passaggio delicato. La stessa richiesta è stata inoltrata all’Autorità portuale (che si è dichiarata «non responsabile» di alcunché, ndr), a Regione Fvg, Arpa e Asuits. Un mese dopo il Comune domanda una proroga per preparare il faldone. La Provincia concede 60 giorni in più, precisando che «alla scadenza del termine le indagini sarebbero state chiuse, dando corso agli atti conseguenti previsti dalla norma di settore». Siamo ormai in piena giunta Dipiazza e il Comune, denuncia il dossier, «non ha fornito elementi utili all’istruttoria».

Nel terreno e nella falda, intanto, sono stati rinvenuti metalli e idrocarburi pesanti. Benzopirene. Diossine. Tutti i campioni sono ritenuti «rifiuti speciali pericolosi».

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