Trieste, un unico funerale per Giorgio e Roberto

L’ipotesi dell’addio congiunto per i due amici morti. La moglie di Nardini: «Sarebbe un bel gesto». Imminenti le autopsie

TRIESTE Ci vorrà ancora qualche giorno per conoscere l’esatto motivo che ha causato la morte di Giorgio Peressoni e Roberto Nardini, i due anziani escursionisti deceduti giovedì sulla parete rocciosa della Val Rosandra mentre si stavano inerpicando lungo la ferrata “Rose d’inverno”.

A Trieste morti due alpinisti rimasti appesi sulla ferrata

Stando alle indicazioni fornite nelle ultime ore dalle forze dell’ordine ai familiari, l’autopsia dovrebbe essere disposta dal pm Lucia Baldovin non più tardi della prossima settimana.

«La Questura ci ha avvisati che presto ci arriverà la documentazione della Procura per l’avvio delle indagini – fa sapere Paolo, il figlio del settantottenne Peressoni – non possiamo che aspettare. Anche perché, come ci è stato detto, per organizzare il funerale serve il nulla osta del giudice».

Trieste, cadono dalla ferrata: due alpinisti muoiono appesi in Val Rosandra

Non si esclude un’unica cerimonia per entrambe le vittime. Sarà Marisa Reglia, moglie dell’ottantaquattrenne Roberto Nardini, a provare a suggerirlo. Con estrema delicatezza, naturalmente. «Erano amici – osserva la signora, ancora sconvolta dalla scomparsa del marito – forse potrebbe essere un bel pensiero, chissà.

Per non disturbare e per rispetto del dolore altrui, non mi sono ancora permessa di chiamare la famiglia Peressoni e far loro le condoglianze – spiega Marisa – ma lo farò al più presto. Per me non è facile vivere con questo dramma. Se una persona non c’è più per una malattia è un conto, ci si rassegna, ma quando se ne va di mattina e poi non torna più… è dura».

La dinamica dell’incidente appare piuttosto chiara: durante la salita Peressoni avrebbe perso l’equilibrio, forse per un piede in fallo o per un malore dovuto al caldo o altro. Ed è scivolato dalla roccia rimanendo appeso alla corda fissata sul cavo d’acciaio, senza punti di appoggio.

Il compagno più esperto, Nardini, si sarebbe proteso giù per aiutarlo. Ma invano. I due, stando al referto medico del 118, sono morti per la conseguenza di una sindrome da sospensione o da imbracatura.

Tragedia in Val Rosandra: «I due avevano scarpe e cordini di quarant’anni fa»
Lasorte Trieste 04/08/17 - Val Rosandra, Gabriele PellizeR del Soccorso Alpino indica le Rose d'Inverno

Detta in altri termini, le corde tese sui corpi a mezz’aria, per ore, non avrebbero permesso al sangue di circolare. Sono deduzioni, va sottolineato, che derivano da come sono stati trovati i due escursionisti.

È ciò che si può immaginare da quanto riferito dai soccorritori», afferma la signora Giorgia, nipote di Peressoni. «Nardini, rinvenuto a testa in giù, era nel punto più alto, in una posizione che lascia pensare che stesse tentando di aiutare mio zio».

Entrambi sono rimasti così, per ore. Il caldo, probabilmente, ha fatto il resto. Nessuno dei due, come emerso, era raggiungibile telefonicamente: uno aveva lasciato il cellulare a casa, l’altro lo teneva spento. Ma l’allarme è scattato comunque in serata, attorno alle otto e mezza, quando la moglie di Roberto Nardini, Marisa Reglia, aveva iniziato a cercare il marito. Prima chiamando al numero fisso dell’abitazione di via Ghirlandaio e poi al telefonino.

©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © Il Piccolo