Trieste, un piano da 6 milioni per i cimiteri monumentali
TRIESTE La chiamano “la città dei morti” ed è un viaggio nella memoria in quell'incrocio di culture e religioni della Trieste che fu, nella sua vera essenza e identità. Ma le lapidi, le tombe e le cappelle della comunità cattolica, serbo ortodossa, greco orientale, evangelica, anglicana, ebraica e musulmana, conservate nel cimitero di via della Pace, custodiscono anche un inestimabile valore artistico. Il Comune ha preparato un piano di recupero e di riqualificazione dell'intera area; un progetto che il sindaco Roberto Cosolini ha appena inviato al governo per una richiesta di finanziamento di ben 6 milioni di euro. Il documento, che contiene una parte descrittiva e una fotografica, è sul tavolo del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti insieme ai dossier per l'avvio dei lavori in Porto Vecchio. «Né Parigi, né Praga né altre capitali europee ricche di storia hanno un tesoro come il nostro - riflette Cosolini - Trieste possiede un'unicità che anche i cimiteri riflettono. Una ricchezza che parla di Trieste e che intendiamo valorizzare».
Lungo i muri e i vialetti si possono scorgere obelischi, arcate, tempi marmorei, sarcofaghi decorati, statue di ogni tipo e valore, insieme a monumenti in pietra, ferro, marmo e legno in stile gotico, bizantino e risorgimentale. Una disseminata varietà di percorsi estetici, simbolici e tecniche artistiche. Una ricerca sul concetto di bellezza e infinito dei secoli scorsi. L'intenzione di intervenire economicamente, per il Comune, va in risposta alle comunità religiose prive delle risorse necessarie per i lavori di manutenzione e restauro di tombe, spazi e strutture murarie. «Siamo consapevoli che non tutto ciò che abbiamo domandato al governo si potrà finanziare - osserva il sindaco - ma siamo intenzionati ad andare avanti perché quella è la storia della nostra città. Potremo quindi anche attingere ai fondi della programmazione europea oppure troveremo altre forme di contribuzione».
Il patrimonio, tanto culturale quanto artistico, è davvero inestimabile. Nel cimitero greco, ad esempio, si possono trovare numerosi monumenti scultorei: è il caso della tomba della famiglia Economo o di altri grandi nomi del commercio di un tempo, come Carciotti e Ralli. In quello serbo è sepolto l'ultimo erede della dinastia Obrenovic, la casata che ha regnato in Serbia nell'Ottocento. Nel cimitero ebraico ci si può imbattere nella cappella dei Morpurgo o nella tomba degli Arnstein realizzata del triestino Giovanni Marin. «È un'opera in stile liberty che lascia intravedere una figura sotto il sudario che copre il sepolcro - spiega Luca Bellocchi, storico dell'arte e profondo conoscitore dell'arte funeraria locale -. Proprio perché la religione ebraica non consente né la rappresentazione divina né della figura umana, quando fu costruita, nel 1907, destò un certo scalpore». È il nome di Rittmeyer, invece, a spiccare nella parte evangelica. La tomba, scolpita dall'artista pavese Donato Barcaglia, raffigura un angelo disteso con la fiaccola rovesciata. «Ciò che Trieste era dal punto di vista commerciale ed economico dall'inizio dell'Ottocento allo scoppio della Prima Guerra mondiale - precisa lo studioso - è là. È un fascino incredibile che racconta il passato della città».
Sono sette cimiteri monumentali che un tempo avevano trovato posto oltre via dell'Istria, in una zona che una volta costituiva la periferia. Il più esteso, in direzione Sud, è quello cattolico; salendo verso Nord ecco il serbo ortodosso, dunque quello musulmano, il greco orientale, l'evangelico, l'anglicano e l'ebraico. «Oggi che il discorso sulla ricchezza delle diversità culturali e il riconoscimento dei diritti delle minoranze sembra alimentare sia movimenti di opinione sia scelte a livelli istituzionali - si legge nella documentazione inviata dal sindaco a Palazzo Chigi - Trieste dimostra come si sia potuto raggiungere, a partire da tempi relativamente vicini, la pacifica convivenza di molte religioni e di diverse etnie. Un aspetto unico e che permette probabilmente di capire e meglio interpretare i pregi del capoluogo». Una città dei morti a fianco a quella dei vivi. Una babele di cognomi, storie e arte da valorizzare anche in chiave turistica. «Come nell'Ottocento si era concepita un'area integrata dei morti - sottolinea il progetto comunale - oggi si può concepire un'area dei vivi: il terzo millennio è a favore della Pace nel Mondo: la via della Pace a Trieste c'è già, trascurata e dimenticata. La memoria offre un ponte di certezza e di radicamento alle giovani generazioni, spunti di crescita e di partecipazione, opportunità per conoscere culture altre e per aprirsi all'interazione con esse».
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