Trieste, uccise il papà con 33 coltellate: trasferito nella Rems di Aurisina
Il 26enne egiziano Wahdan, che un anno fa assassinò il padre in via Stuparich, è già nella struttura
AURISINA. In attesa del trasferimento di Alejandro Augusto Stephan Meran nella Rems di Aurisina, la struttura sanitaria dell’altipiano in questi giorni ha aperto le porte a un altro detenuto: Sherif Wahdan, il ventiseienne egiziano che nel settembre dell’anno scorso aveva ucciso il padre con trentatré coltellate nell’appartamento al secondo piano di via Stuparich 14. L’assassino, che stando alle perizie soffre di un disturbo psichiatrico ed è ritenuto socialmente pericoloso, è già ospite della residenza Asugi (da quanto risulta assieme a un’altra persona), peraltro di recente riqualificazione.
In tutti questi mesi Sherif Wahdan è stato in carcere al Coroneo in una cella di isolamento. Non poteva essere altrimenti, vista la brutalità dell’omicidio e il comportamento del giovane, che anche dopo l’arresto affermava di avere potere di vita e di morte sugli altri. E tutt’ora continua a ritenersi «Dio».
Una condizione evidentemente delirante, la sua, come era apparso subito chiaro in corso di indagine sull’omicidio: sulla propria pagina Facebook il giovane egiziano scriveva testi violenti a sfondo pseudo religioso proclamandosi «God of universe». Una frase, questa, che era stata trovata anche sul muro della cucina dove aveva scannato il padre.
Durante gli interrogatori il ragazzo aveva detto di aver ucciso il genitore, il cinquantacinquenne Ashraf, perché non lo considerava più suo padre. E perché si sentiva minacciato da lui. Il ventiseienne aveva inoltre riferito di averlo trovato in casa ubriaco e che si sentiva «fissato». Sherif a un certo punto, dopo un diverbio, aveva afferrato un coltello da cucina colpendo il papà dappertutto con una serie di fendenti mentre lui era intento ad aprire il frigo per prepararsi da mangiare. Ashraf aveva tentato di difendersi usando un peso da ginnastica. Ma il figlio aveva continuato a infierire, inseguendo l’uomo in corridoio, in stanza da letto e poi in cucina, dove si era scagliato sul corpo con una serie di coltellate mortali anche quando il padre era ormai per terra agonizzante. Le tracce di sangue sui muri dell’appartamento testimoniavano come il papà avesse tentato di fuggire aggrappandosi disperatamente ai mobili e alle pareti mentre il figlio lo colpiva. Un massacro.
Il giovane è stato sottoposto a perizia psichiatrica su richiesta del legale d’ufficio che difende l’indagato, l’avvocato Massimo Scrascia, e del pm titolare del fascicolo, Federica Riolino. L’accertamento, eseguito dallo psichiatra Marco Stefanutti, ha concluso per una incapacità di intendere e di volere dell’indagato, oltre che di sostenere un processo.
Il gip Manila Salvà ha disposto con le forme dell’incidente probatorio un’altra perizia (ormai quasi conclusa) affidata allo psichiatra Mario Novello.
Nel frattempo il giudice ha applicato per Sherif Wahdan una misura di sicurezza provvisoria che ha comportato il trasferimento dalla cella di isolamento del Coroneo (il ragazzo era stato sottoposto anche a Tso ed è seguito dal Csm) alla Rems.
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