Trieste, svolta vicina per l’omicidio del gioielliere

TRIESTE. A una settimana esatta dal delitto di Opicina, l’assassino (o gli assassini) di Aldo Carli, non ha ancora un’identità. Nel registro degli indagati gli inquirenti non hanno scritto alcun nome. Come e soprattutto perché l’ex gioielliere di 75 anni sia deceduto nella sua villetta di Opicina, in via del Refosco 15/1, lo scorso mercoledì, resta dunque un mistero. Ufficialmente, almeno. Perché invece a livello ufficioso, stando ad informazioni trapelate da ambienti investigativi, qualche sviluppo importante sarebbe arrivato. Le indagini - condotte in maniera serrata dalla Squadra Mobile, coordinate dalla Procura - avrebbero cioè imboccato una strada ritenuta promettente.
È un «momento investigativo delicato», fa sapere una fonte. «In questa fase delicata delle indagini - sottolinea anche il procuratore Carlo Mastelloni - non è possibile fare alcuna dichiarazione su circostanze relative all’inchiesta». Affermazioni che potrebbero appunto far pensare a una svolta imminente nel caso. Svolta che potrebbe condurre presto al vero responsabile di una tragedia che, inizialmente, era stata classificata come rapina finita male e che ha lasciato con gli occhi sbarrati i tanti residenti dell’altipiano, così come gli abitanti dell’intera città.
In questi giorni altre persone - parenti e amici di Carli - vengono sentite dagli investigatori per ricostruire la vita dell'uomo e della sua famiglia e la dinamica della notte in cui si è svolta l'aggressione. Elementi maggiori o più chiari potrebbero emergere dai risultati degli esami autoptici, che sono stati compiuti sabato scorso ma dei quali non sono stati rivelati ancora i risultati. Il referto non sarebbe stato fino ad ora depositato agli atti.
L'esito dell'autopsia potrebbe essere consegnato direttamente nelle mani del pm titolare dell'inchiesta, Federico Frezza, ma, secondo quanto si è appreso, la relazione non sarebbe stata ancora redatta. Quanto al fratello di Aldo Carli, attraverso il suo avvocato Gianfranco Grisonich, non ha nominato un consulente tecnico di parte per il momento. «Non abbiamo dato mandato ad altri professionisti per avere un ulteriore parere perché ci affidiamo al lavoro della Procura - spiega -, e perché per ora non ci sono indagati».

La villetta di Opicina, posta sotto sequestro, resta oggetto di analisi da parte della Polizia scientifica. Ieri sera era illuminata una finestra della casa, quella che dalla strada sembra la più vicina rispetto al retro del giardino, dove è stato ritrovato il corpo di Aldo Carli verso le 8.10 del mattino di una settimana fa. Forse la stessa della stanza in cui dormiva la moglie di 62 anni Zdenka Poh e da cui quest’ultima la mattina si è affacciata e ha visto il marito disteso sull’erba, con un braccio sulla testa e un rivolo di sangue che gli scendeva dalla bocca.
Nel piccolo pezzo verde di terra di fronte all’edificio restano immobili e a disposizione degli investigatori pure le due vetture parcheggiate la mattina in cui è avvenuto il fatto. In particolare la Fiat Croma, che la moglie e gli operai - i primi ad aver dato l’allarme dell’omicidio - hanno trovato con lo sportellino del cruscotto completamente spalancato e i documenti rovesciati sul sedile. Dettaglio che si aggiunge ai tanti particolari ancora difficili da spiegare. Che cosa cercavano nel veicolo i malviventi? E senza esito è, per ora, anche la ricerca del movente. Perché, se volevano rapinare l’uomo, i presunti ladri - due? Tre? O forse anche di più? - non hanno rubato nulla all’interno della casa? Hanno messo a soqquadro la villa come se fossero in cerca di qualcosa, almeno secondo quanto riferito dalla consorte Zdenka Poh, ma alla fine non si sarebbero portati via nulla. Né i gioielli né i risparmi, alcune migliaia di euro, tenuti in casa dalla madre 94enne, che i rapinatori hanno anche tentato di soffocare. Hanno quindi solo finto la rapina, inscenandola per camuffare le vere motivazioni del raid?
E ancora, come hanno avuto accesso alla villa? Sono entrati dal sentiero che porta ai campi e che si trova sul retro della villa dove è stato poi gettato il cadavere, oppure hanno utilizzato l’entrata principale? O magari quel cancello è stato aperto davanti a loro proprio dalla vittima che forse conosceva i suoi carnefici?
Fa specie infine la ferocia con cui è stato aggredito Carli. Perché picchiarlo al punto da fargli saltare un dente e procurargli ematomi tanto visibili? Lo avrebbero legato e forse poi percosso? Solo l’autopsia risolverà l’enigma.
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