Trieste: supercomune “bilingue”, la destra sulle barricate
TRIESTE C’è chi grida al «golpe». Lo statuto della nuova Unione territoriale intercomunale fa infuriare la destra triestina che ai Comuni carsici guarda con sospetto per ragioni di vecchia data. A suscitare i mal di pancia è in parte la denominazione bilingue dell’Uti, “Unione territoriale intercomunale giuliana - Julijska medobcinska territorialna unija”, ma soprattutto il timore che la città divenga «succube» dell’altipiano, nonostante le rassicurazioni della coordinatrice del Pd Antonella Grim.
«Il punto non è la trascrizione bilingue in sloveno dello statuto dell’Uti giuliana: questa infatti è la foglia di fico che copre mediaticamente il vero scandalo, ovvero quello che una minoranza di cittadini, quelli dei Comuni minori, governerà sulla maggioranza corrispondente agli abitanti del comune di Trieste» accusa la coordinatrice regionale di Forza Italia Sandra Savino.
E aggiunge che il sindaco Roberto Cosolini ha «riconosciuto che in certi casi bisognerà trovare un consenso più allargato con gli altri sindaci». La dirigente forzista vi legge un «golpe che resuscita di fatto la vecchia Provincia in rottamazione il prossimo anno, con la differenza che su questioni non proprio banali del territorio come i bilanci, la pianificazione urbanistica e la contrazione di mutui, l’assemblea dei sindaci voterà le proposte di deliberazione con il consenso vincolante di quattro comuni su sei». Forza Italia teme che così i 20mila abitanti dell’altipiano «governeranno sui 200mila della città».
Chi si adira veramente tanto per la questione del bilinguismo è Un’Altra Trieste, la lista guidata da Franco Bandelli e Alessia Rosolen, che vede nello statuto «una dimostrazione di debolezza da parte del sindaco del Comune di Trieste, il più grande dei comuni di questa fantomatica Uti».
Secondo il movimento di destra il nuovo organismo è «la decisione di ufficializzare la denominazione bilingue e di equiparare la lingua italiana a quella slovena nella redazione dello Statuto è un fallimento su tutta la linea». E ancora: «Basti pensare che neppure l’Uti del Basso Isontino ha inserito la denominazione bilingue a dimostrazione che la scelta effettuata altro non è che una forzatura imposta dai quattro comuni carsici a Trieste».
Non l’ha presa bene neanche Diego Matejka, componente dell’assemblea nazionale di Fratelli d’Italia: «Con la denominazione bilingue del “super comune” di Trieste-Carso a opera della sinistra triestina, che domina ormai ogni spazio possibile con crescente arroganza, si consuma l’ennesima beffa nei confronti della maggioranza italiana».
Scrive ancora Matejka: «Questi signori hanno un’idea come sempre tutta loro di cosa significhi democrazia. Preferiscono alimentare un festival degli interessi particolari che prevalgono con la prepotenza e l’arroganza di chi dovrebbe invece rappresentare la cittadinanza tutta».
Il capogruppo comunale di Forza Italia Everest Bertoli va giù duro sull’equilibrio tra Comuni: «I sindaci tutti del Pd si sono trovati e in una stanza chiusa e hanno decretato la fine di Trieste: accorpando i sei comuni della provincia, Trieste rischia di essere in minoranza per ogni decisione che conti nonostante i 200mila abitanti. E tutto questo a vantaggio dei comuni minori».
Il Pd non ci sta. Risponde la coordinatrice regionale: «L’Uti è frutto di un buon lavoro, il centrodestra la smetta con le battagliette di retroguardia e trovi argomenti migliori». Grim definisce «grottesche strumentalizzazioni» le polemiche sul bilinguismo: «Siamo una terra di confine, la minoranza è presente ed è tutelata. Ricordo poi che, al di là della definizione bilingue, il Comune di Trieste adotterà lo statuto in italiano: pensavo fosse superfluo dirlo, ma evidentemente, per certa parte del centrodestra, non lo è». Quanto ai risultati della riforma, secondo Grim consisteranno «nel migliorare i servizi offerti ai cittadini, creando sinergie tra i territori».
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