Trieste, stuprata dall’autista di ritorno dalla festa
TRIESTE. No, non è la storia della ragazzina che accetta il passaggio dall’uomo sbagliato. È il caso di una giovane donna che si è fatta semplicemente accompagnare da chi avrebbe avuto il dovere di riportarla a casa sana e salva ma che, stando alle indagini che hanno determinato il suo arresto, non l’ha proprio fatto: l’autista di un pulmino che, quella sera, era pagato per imbarcare dal centro città al “Cantera” di Sistiana, e viceversa, un certo numero di partecipanti a una festa universitaria privata non organizzata dai titolari della discoteca. Mettete dunque una normalissima dose di fiducia, una fiducia data comprensibilmente per scontata, e scioglietela pure in qualche bicchiere di troppo. Costruiteci poi attorno la situazione più adatta, più favorevole all’uomo sbagliato - cioè il fatto che la giovane al ritorno si è imbarcata da sola nel suo pulmino, il che gli ha consentito secondo le indagini di tradire brutalmente quella fiducia - ed ecco che ne vien fuori un cocktail micidiale.
È la miscela che fa da base al ripetuto stupro di cui A.H.C., studentessa di 24 anni di origine britannica che vive a Trieste, ha denunciato di essere rimasta vittima nella notte tra venerdì 20 e sabato 21 maggio a bordo di quel pulmino, in un non meglio precisato anfratto verde ai bordi della Costiera o qualche altra strada dei paraggi. Per questo episodio - inquadrato da un’autentica inchiesta transfrontaliera fra i carabinieri di Trieste e la polizia slovena - Mustafa Mahmutovic, bosniaco di 38 anni residente a Sesana, si trova rinchiuso nel carcere di Capodistria con l’accusa di violenza sessuale aggravata, in attesa di essere consegnato alle autorità di casa nostra, essendo i fatti contestatigli avvenuti appunto su suolo italiano. Su di lui pende un mandato di arresto europeo conseguente alla richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata dal pm Pietro Montrone e disposta dal gip Luigi Dainotti.
Le indagini, scattate la mattina dopo in seguito alla denuncia della studentessa e accompagnate da un referto del Burlo che suffraga la versione dello stupro, raccontano di una serata che doveva essere all’insegna della spensieratezza e che si è fatta peggio di un incubo. È venerdì 20 maggio. La voglia di musica e di salutare l’arrivo dell’estate e delle vacanze all’aria aperta riempie il “Cantera” di giovani. Ma non è una serata per tutti, bensì un party privato di fine corso organizzato da un gruppo di universitari. A.H.C. vi partecipa con di alcuni amici. A un certo punto, però, un dolore a un ginocchio le impedisce di godersi la festa. Ballare con quelle fitte non è ciò che di meglio si può chiedere a una serata del genere. Decide di salutare e rientrare a casa. “Può accompagnare intanto me?”, chiede evidentemente a uno degli autisti addetti al trasporto Trieste-Sistiana su alcuni minibus privati che se ne stanno alla radice della rampa stradale della Baia, in attesa che la gioventù finisca di spassarsela. Ad accettare, come detto, è l’uomo sbagliato. A.H.C. si siede in uno dei due sedili accanto al conducente. Nessun altro, in quel lasso di tempo, fa la medesima richiesta all’autista, né sale a bordo. Il pulmino parte.
Presa dalla stanchezza ma pure dall’alcol (lei non ha negato poi davanti agli inquirenti di avere bevuto) durante il viaggio verso il centro chiude gli occhi e si appisola. Quando li riapre non vede la Costiera, né piazza Oberdan. “Strano, eppure siamo fermi”. Neanche il tempo di rifletterci che il faccione dell’autista, che non promette nulla di buono, è a un palmo dal suo volto impaurito. Lui le spiaccica una mano sulla bocca per impedirle di gridare, poi gliela copre con la sua, di bocca, per fare in modo che lei continui a non poter chiedere aiuto. Le afferra le braccia, le abbassa pantaloni e slip e, fugace, la violenta. Senza dire nulla le rialza i pantaloni e torna a guidare.
Sotto choc, la ragazza, come impietrita, spera solo che quella situazione possa terminare il prima possibile. Si sbaglia. Ecco un altro stop, e, prima che lei abbia la prontezza di reagire, una seconda violenza con le stesse modalità. È l’ultima. Il pulmino, di lì a poco, si ferma una terza volta ma in piazza Oberdan. L’autista la scarica e se ne va (qualche testimone sentito dagli inquirenti racconterà invece di aver visto la vittima tornare con una corriera grande per poi mettersi a parlare con il conducente del minibus, ed è anche per questo che le indagini non sono al capolinea). La ragazza, racconta sempre nella sua denuncia, prende un taxi e finalmente è a casa, a San Giacomo. La mattina vuota il sacco. Ai due coinquilini e, telefonicamente, ai genitori. Esce e va dritta al Comando di via dell’Istria: “Ieri ho bevuto abbastanza ma non ho mai perso il controllo”, spiega. Vuole che sia chiaro che no, non è stato un rapporto consenziente.
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