Trieste, spuntano a palazzo Panfilli le schegge delle bombe

Sganciate sulla città nel ’44 Le “ferite” belliche sono visibili sull’apparato decorativo della facciata dell’edificio rivolta verso il Porto vecchio danneggiata durante la guerra

TRIESTE Un passato che non passa. Il più pesante bombardamento a opera dell’aviazione alleata subìto da Trieste durante il secondo conflitto mondiale avvenne il 10 giugno 1944 (quarto anniversario della dichiarazione di guerra). Furono censiti 463 morti e un migliaio di feriti, vennero distrutte 100 case e 300 rimasero danneggiate. Colpiti obiettivi nella Zona industriale, ma anche aree urbane prive di interesse strategico.

Una ventina di bombe cadde tra la Stazione centrale e la parte iniziale di Porto vecchio: può darsi, anche se Trieste affrontò altre offese aeree e quindi di solo ipotesi si può parlare, che schegge e frammenti di quell’esplosivo abbiano causato danni al vicino palazzo Panfilli, il grande edificio costruito a fine Ottocento tra le attuali via della Geppa, corso Cavour, piazza Libertà, via Carlo Ghega.

É in atto il restyling del complesso, a cura dell’architetto Andrea Benedetti, che insegna restauro al veneziano Iuav e che di recente ha seguito la riqualificazione del primo “nido” triestino in via Caboro, pronto per essere riaperto lunedì 28 dicembre.

I lavori a palazzo Panfilli sono svolti dalla Nuova Edile snc, mentre gli interventi di restauro sono seguiti dalla Giem sas di Isabella Ciccolo. Proprio durante questa operazione di recupero, sono state scoperte le “ferite” apportate dalle esplosioni belliche ad alcune parti dell’edificio, in particolare quelle esposte in direzione del Porto vecchio. La documentazione fotografica, raccolta da Benedetti, illustra come l’apparato decorativo del palazzo ancora riporti tracce delle bombe a distanza di 75-76 anni.

Antonio Panfilli, committente di quello stabile la cui mole proprio non riesce a sfuggire dalle foto d’epoca, non sarebbe contento di quelle offese, che comunque non hanno compromesso la stabilità del palazzo. Il figlio di Odorico, fondatore dell’omonimo squero (dove c’è la sede dell’Agenzia delle Dogane) rimasto in attività fino alla metà del XIX secolo, pensava di sfruttare con un investimento immobiliare parte dei terreni su cui in precedenza si svolgeva l’attività cantieristica.

Così nel 1878 l’imprenditore ottenne la licenza edilizia a uso abitativo e incaricò del progetto due architetti viennesi, Anton Gross e Wilhelm Jelinek, ai quali chiese un progetto – diremmo oggi – “polifunzionale” basato su spazi da affittare, sia a livello di appartamenti che di botteghe al piano terra. Ma all’evenienza gli ampi spazi, distribuiti su cinque livelli, avrebbero potuto essere trasformati in albergo, vista anche la prossimità alla stazione ferroviaria. Palazzo Panfilli fu terminato nel 1881, il grande cantiere venne seguito da un trio di affermati professionisti triestini, i cui nomi sono Giovanni Righetti, Giovanni Berlam, Giovanni Scalmanini. Quest’ultimo, più o meno in quel tempo, operò ad appena qualche decina di metri di distanza su palazzo Kallister.

«Oggi – precisa Benedetti – sarebbe molto difficile rendere questo stabile un hotel: troppi permessi, troppa richiesta di sicurezza, insomma sono pur sempre trascorsi quasi 140 anni dall’inaugurazione. L’identikit ci presenta una pianta pentagonale irregolare, un’architettura interna e le facciate ispirate al “rinascimento italiano”, una costruzione con materiali misti». –


 

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