Trieste, spezzatino in Porto vecchio: no di investitori e archistar
TRIESTE «Noi vorremmo fare a Trieste come ad Amburgo». A parlare è Manfred Siller, amministratore delegato della società austriaca Siller Real Estate. E ciò di cui parla è la sua idea per il Porto vecchio di Trieste: un recupero complessivo sulla falsa riga dell’operazione compiuta dal grande scalo germanico sull’Elba, i cui magazzini furono teatro di una delle più spettacolari operazioni di riqualificazione in Europa. A sentir lui, però, sulla sua strada si frappongono le istituzioni triestine: «Nessuno ha saputo dirmi finora se posso comprare l’area oppure no». Nel frattempo l’archistar Mario Cucinella interviene nuovamente sul tema Porto vecchio, proponendo un “vademecum” per le istituzioni.
Il caso Siller Da due anni la società sta coltivando l’idea dell’operazione e ha coinvolto interlocutori tedeschi che hanno lavorato proprio ad Amburgo. «I nostri partner hanno operato nel recupero dell’HafenCity (il “Porto vecchio” amburghese ndr) – spiega Siller –. L’idea è esportare quel modello». Quel che serve, secondo l’imprenditore, è «un piano generale che coinvolga tutta l’area, che preveda spazio per servizi, commercio, residenziale». La cordata ha incontrato diverse volte il sindaco Roberto Dipiazza e ha avanzato una manifestazione d’interesse. L’ultima visita a Trieste è dell’autunno scorso: «Non abbiamo ottenuto molto. Fino a poco tempo fa nessuno mi aveva detto dell’esistenza della concessione di 99 anni a Greensisam – dice l’imprenditore –. Senza la garanzia di poter acquisire tutta l’area non possiamo investire soldi in progettazione. Aspettiamo di vedere se si rifaranno vivi».
Le intenzioni di Dipiazza L’idea di un acquirente unico con un piano complessivo per il vecchio scalo cozza con i desideri del sindaco, che intende procedere un’alienazione alla volta, edificio per edificio. La cordata guidata da Siller non è stata l’unica a proporre un acquisto in blocco in questi anni, fanno sapere fonti comunali. Anche cordate russe e arabe avrebbero fatto lo stesso, trovando in Dipiazza un’accoglienza gioviale ma poco interesse.
I consigli dell’archistar L’architetto Mario Cucinella, allievo di Giancarlo De Carlo e Renzo Piano, interviene nuovamente sull’argomento Porto Vecchio, dopo la sua visita a Trieste del settembre scorso. Secondo lui l’approccio “a spezzatino” è criticabile: «Si rischia di non sapere dove si va a finire. D’altra parte, però, anche una pianificazione troppo precisa non è necessaria, perché il mondo e l’economia cambiano molto velocemente». Secondo l’architetto è fondamentale un progetto d’insieme per gli spazi pubblici: «Serve un piano strategico di opere come giardini, pedonali, ciclabili, moli. Ancora prima di decidere cosa fare con i singoli edifici». Per Cucinella «i due piani vanno sovrapposti»: «Gli investimenti sugli edifici devono essere fatti all’interno di un progetto di uso pubblico, che deve essere strategico». Forse un piano urbanistico sarebbe uno strumento troppo rigido, prosegue, «ma serve senza dubbio una visione generale della città, pur a maglie larghe, che le dia una direzione. È un punto fondamentale». Uno strumento del genere richiede impegno e visione, riflette l’architetto: «Bisogna condividerlo con la cittadinanza in un dibattito largo. È faticoso ma è importante farlo».
L’internazionalizzazione Cucinella sottolinea infine che è importante attrarre competenze da fuori città, «magari attraverso i concorsi»: «Ma anche questi vanno indirizzati con una visione politica. Avere dei buoni ingredienti non comporta per forza che la ricetta funzioni». L’indirizzo è il primo compito delle istituzioni: «La politica deve avere visione. Sottrarsi a questa significa lasciare troppo aperto il mercato di natura speculativa. Gli investimenti vanno bene, ma vanno indirizzati nell’interesse pubblico, coinvolgendo la comunità». Conclude Cucinella: «La politica non deve avere paura di farsi aiutare in questo percorso. Trieste apra un tavolo di competenze, costruendo una prospettiva assieme a diverse persone. L’occasione per la città è troppo importante».
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