Trieste: spese pazze, Galasso “riabilitato” a Roma

I giudici contabili d’appello cancellano i 36mila euro di rimborso dovuti dall’ex capogruppo del Pdl. Assolto anche Colautti
La Corte di conti del Fvg in viale Miramare a Trieste
La Corte di conti del Fvg in viale Miramare a Trieste

TRIESTE. La Corte dei conti di Roma ribalta la sentenza dei giudici contabili del Fvg e assolve Daniele Galasso, l’ex capogruppo del Pdl coinvolto nell’inchiesta sui rimborsi in Regione. Non ha alcuna responsabilità né per le spese personali né per quelle dei colleghi.

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L’aula del Consiglio regionale prima dell’inizio di una seduta di lavori

L’ex consigliere aveva fatto appello dopo la condanna di primo grado del febbraio 2014. Secondo l'avvocato difensore, Luca Ponti, si tratterebbe del primo caso italiano: «Il tema era stabilire se si può attribuire una colpa su azioni altrui - afferma il legale - e finora la questione non era stata affrontata».

La vicenda degli acquisti “facili” che avvenivano in Consiglio regionale, con cui gli eletti si pagavano viaggi, cene e regali, ha a lungo scosso i vertici della politica. Galasso, in particolare, era stato condannato a risarcire alla Regione ben 36.234,09 euro.

Per la Corte dei Conti del Fvg si trattava a tutti gli effetti di un “danno erariale” sulla gestione dei contributi assegnati al suo gruppo, il Pdl, nel corso del 2011, una delle annate su cui si erano concentrati gli sforzi investigativi della magistratura.

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Il consiglio regionale

All’epoca era proprio lui, Galasso, a guidare i berlusconiani in Consiglio regionale. Una somma che l’ex capogruppo avrebbe dovuto restituire fino all'ultimo centesimo. Ma la sezione centrale della Corte di Roma ha accolto l’appello.

Nelle dodici pagine che accompagnano la sentenza viene precisato che la sezione regionale non ha tenuto conto «dell’assenza di una disposizione normativa che devolva la giurisdizione alla Corte dei conti, né della sfera di autonomia costituzionalmente garantita ai consigli regionali come più volte affermato dalla Corte costituzionale».

Detta in altri termini, l’organismo non aveva potere di mettere il naso nelle spese dei politici. Gli acquisti, sotto il profilo contabile, sono «giustificati» e «coerenti» con le finalità delle funzioni legislative.

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Il consiglio regionale

Anche perché «non esisteva alcuna regola espressa» che potesse permettere un confronto per valutare la legittimità degli esborsi. Inoltre al capogruppo spettava soltanto un «controllo formale» dei rendiconti degli altri consiglieri.

«Mi sembra tutto piuttosto chiaro - ragiona Ponti - la Regione ha una sua autonomia e il concetto di rappresentanza politica di un consigliere è più ampio di quella istituzionale, visto che l’attività e la presenza sul territorio si manifesta in tanti modi. Tutto ciò, comunque, dinnanzi a norme lacunose. E per le spese dei colleghi Galasso non aveva colpa alcuna».

Assolto anche Alessandro Colautti, a cui la Corte inizialmente aveva chiesto la restituzione di quasi 11 mila euro. «Non c’erano le prove per dimostrare che le spese non c’entravano con il ruolo politico del consigliere - annota ancora l'avvocato - è evidente che l’operato dei miei assistiti è sempre stato corretto».

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