Trieste, spacciava ai minorenni dentro l’albergo

TRIESTE In pieno centro e a pochi passi dalla Questura. Era lì, in una stanza dell’hotel “Parenzo” di via degli Artisti, la stradina che costeggia corso Italia, che un giovane richiedente asilo di nazionalità irachena, Bawar Hassan di vent’anni, spacciava marijuana. Utilizzava come punto di smercio proprio l’alloggio che l’Ics gli aveva assegnato nell’ambito del sistema di accoglienza cittadino, quello riservato ai profughi. I “clienti” erano anche minorenni.
Su Hassan, assistito dall’avvocato d’ufficio Laura Pisani del Foro di Trieste, pende una richiesta di giudizio immediato avanzata dal pubblico ministero Matteo Tripani. Il ventenne al momento si trova detenuto in carcere. L’udienza a carico dell’imputato dovrebbe tenersi giovedì prossimo dinnanzi al giudice per le indagini preliminari Guido Patriarchi. Il legale ha domandato il rito abbreviato e si potrebbe arrivare già a sentenza in quella stessa giornata.
L’attività investigativa, portava avanti nei mesi scorsi dal comando della Stazione dei carabinieri di Borgo San Sergio, su coordinamento del pm Tripani, è riuscita a scoprire il giro che il giovane iracheno aveva messo in piedi, seppur con modici quantitativi di stupefacente. Hassan è stato sorpreso dai militari dell’Arma il 13 settembre mentre cedeva la sostanza ad altri due stranieri.
La droga, come emerso dalle indagini, era custodita in una stanza del “Parenzo” pronta per preparare svariati spinelli: i quantitativi di marijuana erano già suddivisi nei sacchetti di cellophane sigillati, destinati alla vendita. Durante la perquisizione nell’albergo, gli inquirenti ne hanno trovati undici in tutto, da circa 1 grammo l’uno.
Il lavoro investigativo utile a inchiodare lo spacciatore si è servito anche di intercettazioni telefoniche e delle deposizioni degli acquirenti, tra cui gli stessi minorenni. A chiudere il cerchio, pure le analisi tossicologiche su chi andava a comprare la droga dall’iracheno.
«Il fatto di utilizzare una camera di albergo evidentemente facilitava questo giovane nella sua attività di spaccio», spiega Gianfranco Schiavone, responsabile a Trieste del Consorzio italiano di solidarietà (Ics). «Più difficile, invece, che ciò avvenga in una struttura di accoglienza vera e propria, in cui c’è del personale preposto a controllare e a segnalare eventuali comportamenti sospetti».
«D’altronde - riflette ancora Schiavone - lo spaccio di sostanze investe moltissime persone, tanto italiane quanto straniere. È un problema che quindi prescinde dalla nazionalità. Ma il tema di fondo, più che altro, è il consumo nella popolazione, perché la diffusione di questa e di altre sostanze è estremamente elevata. È un fenomeno sociale rilevante».
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