Trieste, sopravvive per miracolo all’incidente stradale ma muore per il coronavirus contratto durante le cure

Marino Vapnar, 60 anni, aveva subito l’amputazione di una gamba schiacciata da un bus. I passaggi tra ospedale e Rsa sono stati fatali 
Marino Vapnar
Marino Vapnar

TRIESTE Era uscito miracolosamente vivo dal violento impatto con un autobus che lo aveva travolto schiacciandogli una gamba. Ma non è riuscito purtroppo a sopravvivere al Sars-CoV-2, contratto proprio mentre si stava curando dai postumi del grave incidente. È un dramma nel dramma la vicenda di Marino Vapnar, il sessantenne triestino originario di Capodistria, ex muratore, investito lo scorso 4 febbraio da un bus della linea 9 mentre camminava sulle strisce all’incrocio tra piazza Goldoni e via Mazzini, a Trieste.

Pedone investito dal bus in piazza Goldoni: grave
L'incidente in piazza Goldoni


Il caso aveva innescato un’inchiesta giudiziaria a carico del conducente della Trieste Trasporti, poi prosciolto dall’accusa di lesioni colpose. Le indagini, condotte dal pm Massimo De Bortoli, avevano accertato che era stato il pedone, appunto Vapnar, ad attraversare con il rosso. Lo aveva fatto all’improvviso, buttandosi di corsa in mezzo alla carreggiata mentre la 9 curvava, probabilmente nel tentativo di prendere al volo un altro bus in una fermata vicina. Nel tentativo di attraversare la strada aveva sbattuto la testa contro il bus all’altezza della portiera anteriore destra. A nulla era servito il clacson azionato ripetutamente dal conducente proprio per allertare i pedoni: il sessantenne non poteva sentire perché indossava un paio di cuffiette. In quel momento stava ascoltando al cellulare una trasmissione radiofonica. A causa dell’impatto l’uomo era finito a terra e una ruota del bus gli era passata sopra una gamba.

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L’arto schiacciato dal mezzo gli è stato poi amputato a causa di un principio di necrosi. E da lì è iniziato il suo lungo calvario ospedaliero. Un calvario concluso nel peggiore dei modi: l’infezione del virus, che proprio in quelle settimane iniziava a diffondersi su scala globale (soprattutto negli ambienti sanitari), e in seguito il decesso.

È uno dei figli a ripercorrere la triste vicenda: «Dopo l’incidente nostro padre è stato prima portato nel reparto di Chirurgia plastica a Cattinara, per l’amputazione, e li è rimasto circa due mesi - spiega -. Quindi è passato al Sanatorio Triestino, in Rsa, per la riabilitazione. Poi, tutto ad un tratto, è peggiorato – ricorda il familiare – e ha iniziato ad avere febbre alta e difficoltà respiratorie. Papà è stato allora trasferito nuovamente a Cattinara, passando in Pronto soccorso, in Medicina d’Urgenza e in Terapia intensiva». I primi due tamponi, nonostante i sintomi, avevano dato esito negativo. Il terzo, invece, era risultato positivo.

La degenza in Terapia intensiva è iniziata i primi di aprile. Marino Vapnar è spirato il 20. «I medici – precisa ancora uno dei figli – ci avevano riferito che la situazione di papà era complessa perché aveva avuto anche problemi al cuore e arresti cardiaci. Noi però non sappiamo se è stato contagiato a Cattinara oppure al Sanatorio Triestino. Tutto può essere, chiederemo la cartella clinica. Ma poco prima della morte ci era arrivata la documentazione dell’incidente, mai avremmo pensato a una fine così. In questi mesi di dolore – osserva – ciò che ci ha ferito è stato anche un altro fatto: durante il ricovero in ospedale, prima dell’amputazione, gli agenti della Polizia municipale si sono presentati in reparto da papà per consegnargli la multa per essere passato con il rosso. Non è stato un gesto umano, né rispettoso. Potevano contattare noi familiari». —
 

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