Trieste + Social: al Revoltella la città sul web LA CRONACA TWITTER
Non c’è turismo senza il “tweet” dei turisti che si fanno un “selfie” e condividono opinioni e consigli su Facebook mentre qualche “hashtag” ben congegnato deve captare questi “sms” di nuova generazione e soprattutto le foto lanciate con Instagram tra i miliardi di parole e immagini autoprodotte che nel secolo più individualista cercano nuovi approdi collettivi.
Chi di turismo vive ha da rassegnarsi e anche se non sa che aggeggio sia “feisbuc” deve astutamente ingegnarsi e imparare a leggere le orme, le tracce, i segnali che il nuovo popolo dei viaggi lascia in giro mentre usa gli smartphone più delle mani, anche lanciando messaggi “georeferenziati” che si possono controllare su mappe altrettanto internettiane dove si disegna una nuova forma del mondo: più luminosa dove più ci si scambia messaggi e foto “on line”.
Spiando là dentro si scopre chi va dove, con che gusti e punti deboli, e lo si attira nella propria rete. Che, però, come da che mondo è mondo, deve essere ben riempita di offerte, luoghi, servizi, facilitazioni, strategie, idee, “pacchetti” d’iniziative flessibili e modificabili ad personam, prodotti e cibi, in una parola non è tramontato nelle nebbie virtuali il punto sodo: per avere turisti la base è la perfetta accoglienza. Questa Internet non la fa. Chi vien trattato male o imbrogliato dalle sirene non tornerà mai più e userà con vendetta gli stessi potenti mezzi a diffusione mondiale per sbranare il posto traditore. Il controllo ormai, anche nella “coda del post-viaggio” è tutta nelle mani del consumatore.
Sono i consigli che ha dato vivacemente all’auditorium del museo Revoltella affollato oltre la sua capienza Roberta Milano, la docente di Marketing turistico all’Università di Genova (da poco entrata nel “team” del Laboratorio per il turismo digitale istituito dal ministro Dario Franceschini), nell’ambito della giornata “Trieste#Social” promossa dallo staff di #TriesteSocial, con l’appoggio del Comune e con 17 sponsor, media partner il nostro giornale. Città di nicchia nel momento buono, quando anche i turisti “di ultima generazione” cercano nicchie su misura, Trieste è secondo la Milano bella, ancora poco conosciuta, ma aprendo le porte virtuali si ha una scoperta che ai triestini è stata comunicata come una notizia: «Guardate quanti “cliccano” su voci molto diverse, la curiosità esiste eccome». Singoli individui che non si intruppano in agenzie e viaggi organizzati vanno ascoltati, riuniti, raccolti per via: “unire i puntini” è il nuovo compito che l’esperta ha consigliato a una Trieste che in questo settore ancora cerca se stessa con un po’ d’indecisione, dove i “puntini” sono però anche gli enti e i privati che di turismo si occupano. O tutti uniti o niente. In ritardo anni luce su questa cultura (perfino su un lancio deciso delle offerte “on line” appena adesso in costruzione) Trieste ha anche il vizio frequente della disunione, e chissà se un domani saprà fare (introversa com’è) quel “racconto” di se stessa che gli esperti raccomandano partendo dall’autoanalisi: come ci vediamo noi, come ci vedono gli altri?
Non fa più fede la guida tecnica, ma come ha poi dimostrato il simpatico seguitissimo twittatore @insopportabile, al secolo solo Gianluigi, che ha inventato #sardolicesimo per instradare lì belle foto e messaggi ficcanti (o poetici) sulla sua Sardegna, i luoghi li inventa e propaganda ciascuno di noi. Ha detto la Milano a parte: «Trieste la conoscevo già, è bella, è vivibile, è pulita, ma chissà quante zone stupende ci sono che non appaiono, e vanno lanciate, perché il turismo davvero oggi è di nicchia, e bisogna saper offrire una somma di nicchie per colpire tutti i gusti». La docente di marketing sta aiutando la Basilicata («sono entusiasti, convinti») e ha cominciato a lavorare col Lazio («uno staff efficiente, che comunica benissimo») oltre che col ministero dei Beni culturali e del turismo. Dove altrettanto c’è da fare. «Finora la domanda era superiore all’offerta, nessuno si è alfabetizzato su questi nuovi criteri e media, nel mondo intanto ha vinto il criterio dell’aereo veloce “low cost”, che spesso determina la meta, e noi abbiamo perso forti quote di mercato». Noi italiani. Figuriamoci noi triestini.
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