Trieste, si muove l’Azienda sanitaria: sgombero per i disperati del Silos

TRIESTE L’emergenza profughi al Silos, documentata da Il Piccolo, induce l’Azienda sanitaria a intervenire immediatamente. Il Dipartimento di prevenzione di Trieste ha verificato le condizioni igieniche del sito in cui vivono da oltre un mese quasi duecento afgani e pachistani che non trovano spazio nelle strutture già da tempo sature. Fuggite da guerre e violenze, queste persone da oltre un mese dormono in capanne di cartone costruite nel fango, su materassi e coperte putride, in mezzo a spazzatura ed escrementi. La struttura è stata trasformata in una vera e propria baraccopoli, a fianco della Stazione ferroviaria e a un passo dal centro cittadino.
Nei giorni scorsi, come si può constatare dalle pareti annerite di un angolo interno, un gruppo di profughi ha dato alle fiamme un cumulo di immondizia. «Puzzava troppo, non ce la facevamo più», hanno raccontato. La sera, o per prepararsi un tè oppure mangiare qualcosa, vengono continuamente accesi piccoli fuochi che, vicino alle capanne di cartone, potrebbero effettivamente costituire un pericolo. «Andiamo a controllare la situazione – annunciava il direttore del Dipartimento Valentino Patussi – per prendere i dovuti provvedimenti, se necessario». Il Dipartimento, fa sapere lo stesso direttore, per evitare eventuali rischi per la salute pubblica dopo il sopralluogo, ha di fatto deciso per la disinfestazione dell’area da insetti e ratti, la bonifica, la messa in sicurezza e lo sgombero. Un atto, quest’ultimo, che sarà attivato con un’ordinanza al Comune. «Ci muoviamo rapidamente, non stiamo fermi», conferma lo stesso Patussi. L’assessore regionale Maria Sandra Telesca è stata informata. «Se c’è un’emergenza di igiene il Dipartimento deve assolutamente mobilitarsi – rileva – e lo farà».
Intanto il sindaco Roberto Cosolini e il prefetto Francesca Adelaide Garufi, accompagnati dall’assessore comunale alle Politiche sociali Laura Famulari, dal viceprefetto Rinaldo Argentieri e dal presidente dell’Ezit Stefano Zuban, hanno fatto un sopralluogo per verificare l’idoneità di alcune strutture. L’obiettivo dichiarato è quello di riuscire a organizzare un luogo dove accogliere eventuali nuovi arrivi di profughi ma innanzitutto i richiedenti asilo che ora bivaccano all’interno del Silos. La tendopoli, appunto. Da non chiamare così, però. Lo stesso sindaco tiene a precisare che questa struttura «rappresenterà una soluzione d’emergenza, per far fronte a una situazione straordinaria che nulla ha a che vedere con un sistema di accoglienza rodato e funzionante». Se si farà ricorso alle tende, queste verranno montate all’interno di un capannone presente nell’area industriale, «lontano dagli immobili che ospitano le nostre aziende – precisa Zuban - in modo da non interferire con le quotidiane attività produttive di quell’area».
Sfuma l’ipotesi dell’ex fiera di Montebello; e anche l’ex caserma di via Rossetti esce dalla lista dei papabili, malgrado quest’ultimo sito sia stato «proposto in Regione dall’ex sindaco Roberto Dipiazza», chiarisce Cosolini. Ma i tempi stringono. Sono 184 a oggi le persone costrette al bivacco nel Silos, nonostante l’assistenza diurna fornita da Caritas e da Ics-Consorzio italiano di solidarietà, che provvedono con pasti e ricambi di vestiti (per le docce ci sono i bagni di via Paolo Veronese). «Sceglieremo entro questa settimana – conclude Cosolini - una soluzione che sia percorribile nel giro di 15-20 giorni».
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