Trieste, si apre uno spiraglio per salvare la pasticceria Pirona

TRIESTE Forse non tutto è perduto. Per la conservazione dell’antica pasticceria Pirona potrebbero esserci ancora delle possibilità. La politica, infatti, sta lavorando a un piano di salvataggio per porre le basi affinché quel gioiello non vada perduto, perché è evidente a tutti che, malgrado gli sforzi della Fondazione CrTrieste per conservare almeno gli arredi, quei mobili, sistemati altrove, risulterebbero privi di anima. Perché Pirona è quel luogo: l’atmosfera è data da un insieme di cose e soprattutto dall’originalità e dalla storicità di quel locale.
A far intravedere un piccolo spiraglio è il fatto che quell’immobile - i muri che accolgono la pasticceria - oggi sono di proprietà di un istituto bancario. Non è stato siglato alcun contratto di affitto con società intenzionate a portare avanti altri tipi di attività. Non c’è, in pratica, nessun fantomatico imprenditore veneto e nemmeno una famiglia triestina già in corsa per la gestione di quegli spazi, come preannunciato dai precedenti gestori della pasticceria. Su questa vicenda la famiglia De Marchi, che con passione ha gestito lo storico locale, ha fin da subito mantenuto un certo mistero, facendo intendere da prima che a subentrare nella conduzione di quegli spazi stava per arrivare un veneziano, per poi invece rassicurare i triestini spiegando che ad aprire un’attività sarebbe stata una famiglia locale.
A essere confermato è invece il fatto che il mobilio, benché sia già stata formalizzata la sua vendita per 35mila euro alla Fondazione CrTrieste, è ancora intatto all’interno del foro commerciale di largo Barriera, in attesa di essere trasferito al Magazzino 26 e dato in carico al Comune di Trieste.
Per ora, dunque, da quel locale non è uscito uno spillo, nemmeno gli antichi macchinari di inizio Novecento, come confermato dai commercianti e i residenti della zona, che si sarebbero accorti se qualcosa di imponente fosse stato portato fuori dall’antica pasticceria.
La Fondazione CrTrieste, prima di dare disposizioni di rimozione e trasloco degli arredi in stile Liberty da largo Barriera al Porto Vecchio, molto probabilmente cercherà di lasciare margini alle trattative di salvataggio di Pirona, senza compromettere alcuna soluzione.
A questo punto, insomma, la situazione è congelata. Proprietari dei muri e dell’arredamento dovranno trovare un accordo, ma almeno la partita è nuovamente aperta. Non essendoci vincoli con altri imprenditori che non consentirebbero passi indietro, forse esistono margini per far finire la vicenda nel migliore dei modi, senza che Trieste e la storia perdano un simile tesoro.
Questa situazione apre uno spiraglio anche a chi volesse intervenire per salvare Pirona: un produttore di caffè, qualche storica azienda triestina o magari un imprenditore che ha a cuore il futuro di quell’antica pasticceria per la quale la Soprintendenza ha avviato l’iter del vincolo per interesse culturale degli arredi e non si esclude possa, in un secondo momento, avviare anche quello per la destinazione d’uso.
«Se i mobili dovessero finire in una struttura diversa da quella originale – anticipa intanto Gianni Pistrini, presidente dell’associazione Museo del Caffè – ci siamo già proposti agli attori di questa partita per gestire uno spazio adeguato che ridia dignità a quegli arredi».
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