Trieste sfida Roma : «Non verseremo i 1.200 milioni del patto fiscale»
TRIESTE «A causa dell’impatto devastante che l’emergenza coronavirus sta avendo sul Friuli Venezia Giulia, anche dal punto di vista economico, abbiamo formulato ufficialmente al governo la richiesta di non versare allo Stato le risorse previste per il biennio 2020-2021 nell’ambito della partecipazione della Regione al risanamento della finanza pubblica». Il governatore Massimiliano Fedriga chiede al governo di tenere in cassa i 1. 267 milioni dovuti per non mettere a rischio il bilancio nazionale. La somma dei 671 milioni previsti per quest’anno e dei 596 per il prossimo, come da accordi di fine febbraio 2019 tra il presidente della Regione e il ministro dell’Economia e delle Finanze del primo governo Conte Giovanni Tria.
La richiesta della Regione, come spiega Fedriga, è conseguenza dell’emergenza coronavirus. Una situazione talmente imprevista e con ripercussioni così gravi per l’economia del territorio che i contenuti del patto di quattordici mesi fa devono essere necessariamente congelati, è la tesi del governatore del Fvg. Deciso ieri nel portare in videoconferenza al tavolo del ministro per gli Affari regionali e Autonomie Francesco Boccia (che si è limitato per ora a prendere atto) l’istanza di un’amministrazione che – come ha precisato proprio Fedriga due giorni fa – si prepara a un crollo delle entrate regionali per non meno di 500 milioni come effetto del “lockdown” e di una ripresa che sarà lenta e faticosa.
La questione, sollevata dal Fvg al pari delle altre Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, riguarda i rapporti finanziari con la capitale, che prevedono un contributo comune per rimediare almeno un po’ al debito dello Stato.
Il primo fu Renzo Tondo, quindi venne Debora Serracchiani, poi è toccato a Fedriga.
Il presidente carnico siglò nel 2010 l’intesa con Giulio Tremonti sulla base di 370 milioni di euro all’anno da versare alle casse statali per l’attuazione del federalismo fiscale, una somma dalla quale andavano però sottratte le rate del debito di 910 milioni di Roma nei confronti del Fvg per la quota Irpef dei pensionati del territorio per gli anni 2008 e 2009.
Serracchiani, quattro anni dopo, concluse l’accordo con Pier Carlo Padoan, poi rinnovato nel 2018. Un’operazione da 825 milioni, quantificò il centrosinistra sommando lo “sconto” di 350 milioni sul triennio, rispetto al precedente Tondo-Tremonti, ai 320 milioni di maggiori spazi finanziari in deroga al patto di stabilità e a 155 milioni di crediti arretrati.
Il Fedriga-Tria, un protocollo triennale dal 2019 al 2021, un documento di 17 articoli con capitoli economici e ordinamentali, è dell’inizio dell’anno scorso e chiama il Fvg a versare allo Stato 671 milioni nel 2019, 671 milioni nel 2020 e 596 milioni nel 2021, importi che, tra il blocco del rinnovo di misure precedenti e i nuovi tagli concordati a vantaggio della Regione, hanno portato, secondo la comunicazione della Regione al momento della firma, a un risparmio complessivo di 834 milioni rispetto al triennio 2014-16.
Nel “pacchetto” è inoltre entrata la disapplicazione delle norme unilaterali che consentivano in precedenza al governo di chiedere alla Regione contributi per far fronte ad eccezionali esigenze di finanza pubblica o per assicurare il rispetto delle normative comunitarie in materia di riequilibrio di bilancio pubblico. E c’è pure, sempre a vantaggio del Fvg, la possibilità di disciplinare autonomamente i tributi locali comunali di natura immobiliare, definendone le modalità di riscossione e consentendo agli enti di modificare le aliquote e di introdurre esenzioni, deduzioni e detrazioni.
Con la pandemia, però, è cambiato il mondo. E dunque il governo regionale ritiene di poter chiedere l’esenzione per oltre 1, 2 miliardi. «Si tratta del primo passo di un percorso molto più articolato che abbiamo iniziato a fare insieme all’esecutivo nazionale – le parole di ieri di Fedriga –. Dopo l’approvazione del documento di economia e finanza (Def), che rappresenta il principale strumento di programmazione della politica economica e di bilancio del nostro Paese, inizieremo infatti a ragionare con il governo in modo più organico sulle quote previste per gli anni a venire». Il presidente ha aggiunto anche la richiesta di misure di riequilibrio dei bilanci dei Comuni, «da fare transitare su quello dell’amministrazione regionale», e di poter ampliare le regole sul debito: «Al momento le leggi permettono alla Regione di indebitarsi solo se utilizza il denaro per investire sul patrimonio pubblico, ma non per erogare contributi a cittadini o imprese né per spese di natura corrente. Il tutto a dispetto del fatto che il Fvg vanta un rating nettamente migliore di quello medio delle altre Regioni». —
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