Trieste senza più "sardoni", pescherie e ristoranti nel caos

La chiusura del Mercato ittico ha innescato la corsa al rifornimento in Veneto e in Croazia. Gli operatori: "Danno economico incalcolabile. Ci impediscono di lavorare. Bisogna fare presto"
Pescatori e pescivendoli protestano per la chiusura del Mercato ittico
Pescatori e pescivendoli protestano per la chiusura del Mercato ittico

TRIESTE Passerà alla storia come le “grande crisi dei sardoni”. A Trieste non se ne trovano. Così le sardelle, i suri e i calamari. La chiusura del Mercato Ittico di Scalo Legnami, trovato dai Nas e dall’Azienda sanitaria in condizioni igieniche e strutturali pessime, sta cancellando dalla città il pesce locale. I pescatori, senza più un posto dove commerciare, sono fermi. E i punti vendita, per rifornirsi, devono andare a Grado, Chioggia e San Stino. O oltreconfine. Le scorte nei ristoranti (fin che durano) sono agli sgoccioli: si tirerà avanti con branzini di allevamento e roba congelata. Il danno economico e di immagine per l’intero settore, che nel capoluogo dà lavoro a un migliaio di persone, è incalcolabile. Tanto più in piena stagione estiva, con i turisti che s’accalcano nei locali. Una situazione che potrebbe protrarsi per una decina di giorni, quando la manutenzione e sanificazione del mercato dovrebbero concludersi. Ma saranno gli ispettori dell’Azienda sanitaria a dare, eventualmente, il via libera. Gli interventi sono già iniziati mercoledì, il giorno stesso del blitz dei carabinieri all’ex Gaslini, su ordine del sindaco Roberto Dipiazza, dell’assessore al Commercio Lorenzo Giorgi e dell’assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi.

Intanto regna il caos, ognuno si arrangia come può. I titolari delle pescherie più rinomate riescono a farsi portare casse dal Veneto o dalla stessa Croazia; chi dispone di furgoni frigo se la va invece a prendere, nella speranza di recuperare anche prodotti nostrani portati da qualche pescatore triestino che ha deciso di farsi qualche chilometro di mare in più. Qualcuno chiuderà baracca per un po’.

La rabbia è palpabile. Dai “Pescatori del Golfo” di via Economo hanno esposto un cartello di protesta: «Ci hanno impedito di lavorare, ma abbiamo pescato lo stesso per voi. Viva Trieste, viva il lavoro». Il proprietario Manuel Inirio, è su tutte le furie: «A Trieste non c’è più pesce. Stamattina (giovedì, ndr), me lo sono fatto portare da Marano e dalla Croazia. Ma prima di comprare io devo guardare, scegliere. E domani? Io non dormo la notte se non sono sicuro di aver la roba. Lo stato di degrado del Mercato Ittico - rileva - era comunque noto a tutti da tempo, perché nessuno ha fatto niente?».

Paolo Grassilli, titolare dell’omonima pescheria, allarga le braccia. «Questo è un danno economico - rileva - sta mancando tutto il prodotto locale, cioè sardoni barcolani, calamari, suri e sardelle. Speriamo che la situazione si risolva presto, comunque l’idea di spostare il Mercato Ittico in Porto Vecchio, al Molo Zero, mi par buona. Ma qualcuno dovrebbe farsi qualche domanda visto che in Scalo Legnami siamo dal 2002, quindi ben 14 anni senza portare soluzioni al problema».

Giovedì, in una riunione tra commercianti sarebbe emersa anche l’ipotesi di un esposto contro il Comune per portare a galla eventuali responsabilità amministrative e politiche. Ma più che agitare ulteriormente le acque, si pensa di scegliere, piuttosto, la linea del dialogo con assessori e dirigenti. In tarda mattinata si è fatta largo la voce di un possibile permesso della Capitaneria di Porto e dell’Azienda sanitaria per sbarcare il pescato in una zona provvisoria in modo da garantire gli approvvigionamenti. Ma il Comune non conferma. Si va avanti a tentoni, aspettando gli eventi. Davide Scala, proprietario dei punti vendita di piazza Garibaldi, via Genova e via Conti, non va sul leggero. «Hanno chiuso per sporcizia - accusa - una vergogna. Altro che città mitteleuropea, siamo come a Calcutta». Anche Alessandro Carboni, titolare della pescheria di via Coroneo, si è fatto portare il pesce da Marano e dai grossisti croati. «La roba nostrana è di ieri - racconta indicando il bancone - ho solo folpi avanzati, e un po’ di cozze». Stessa musica nei ristoranti.

Alla trattoria “La Sorgente”, in Barriera, temono soprattutto il fine settimana. «Vediamo cosa succede - dice la signora Mirsada Reparati - perché qui prepariamo sardoni in savor e sardoni fritti...cosa mettiamo nei piatti? Faremo radicio e fasoi?».

All’Osteria Istriano cercano di essere ottimisti. «Ci auguriamo che questa situazione duri il meno possibile - osserva Giovanni Calvani - noi abbiamo fatto scorta, ho ancora sardoni, radelli e moli. Ma il problema principale - sottolinea - è che mancano i sardoni nostrani, la base della nostra cucina».
 

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