Trieste, sei anni al pusher praticante avvocato
La condanna. Il nome è quello di Pierpaolo Lenaz, 59 anni, praticante avvocato, truffatore, commerciante d’auto e infine, anche e soprattutto, trafficante di droga. La condanna di secondo grado - più pesante ancora - per aver ritirato da un corriere alla stazione di Monfalcone un trolley pieno di hashish è stata di sei anni e 45mila euro di multa.
A infliggerla (dopo il ricorso del pg e del pm) è stato il collegio della Corte d’Appello presieduto da Igor Maria Rifiorati e composto da Gloria Carlesso e Anna Fasan. In primo grado la sentenza a carico di Pierpaolo Lenaz era stata infatti di quattro anni e otto mesi senza la condizionale. Il difensore, l’avvocato Walter Zidarich, si è battuto per l’assoluzione, cercando di ribaltare la precedente sentenza. Ma la sua è stata una battaglia impossibile. Perché Lenaz era stato appunto sorpreso dai carabinieri col trolley (contenente 10 chili di droga) nel bagagliaio dell’auto.
La vicenda. La data dei fatti è quella del 25 ottobre di tre anni fa. Il luogo: la zona vicino alla stazione di Monfalcone. Dove - secondo le indagini - Lenaz aveva ritirato da un corriere (un cittadino marocchino) appena giunto in treno da Torino il trolley pieno di droga. La valigia, contenente 20 mattonelle di hashish, era stata sistemata nel bagagliaio della sua Opel Astra che si era diretta verso Trieste. Ma dopo pochi metri i carabinieri l’avevano bloccata e l’uomo era stato subito arrestato.
La droga - destinata al mercato di Trieste - era stata sequestrata. Ma di chi aveva consegnato la valigia (e anche uno zaino) al professionista triestino si erano fin da subito perse le tracce. Le indagini dei carabinieri, coordinate dal pm Massimo De Bortoli, sono proseguite comunque fino ai giorni nostri. Si sono concluse infatti solo nelle scorse settimane e hanno portato al coinvolgimento di altri personaggi, tutti collegati al traffico di droga: Fabrizio Sivelli, Andrea Biasizzo Alborghetti, Franco Altin e Giovanni Vascotto.
I pregressi. Ma l’incredibile parabola giudiziaria dell’«avvocato» Lenaz merita un approfondimento a parte. Una parabola iniziata 15 anni fa. L’uomo era finito nei guai per aver incassato, in qualità di praticante avvocato, un assegno di 12 milioni di lire relativo a un risarcimento per un incidente stradale incassato per conto di un cliente. Erano pian piano emersi altri episodi simili. Decine e decine di migliaia di euro pagati dalle principali compagnie assicurative per curare inesistenti traumi al rachide cervicale, riparare denti spezzati o guarire lesioni alla muscolatura. Tutti avvalorati da documenti sanitari assolutamente falsi. Accusa: appropriazione indebita. Lenaz era stato pure coinvolto in una storia di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina attraverso permessi di soggiorno facili.
Si era sentito poi parlare di questo «avvocato triestino» - ma stavolta come asserita vittima - in un'altra vicenda giudiziaria. Era stato oggetto di una misteriosa aggressione avvenuta sulle scale di un condominio dove aveva affittato un appartamento, a Pernik, in Bulgaria, sede della sua ditta di auto. Era impegnato infatti in alcune attività di commercio di macchine tra Bulgaria, Italia e Grecia. A malmenarlo, secondo la denuncia che lui aveva presentato alla Procura di Trieste, erano stati due connazionali, i quali però successivamente avevano dichiarato che erano stati loro le vittime. Movente - così pare sia stato - una vendetta per la misteriosa sparizione di un cofanetto di perle che l’«avvocato triestino» avrebbe dovuto vendere a un gioielliere di Napoli. Ora Pierpaolo Lenaz è in carcere. E a rigor di logica, dietro alle sbarre, ci rimarrà ancora per diversi anni.
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