Trieste, sciopero e presidio alla Flex: «Si salvino i posti di lavoro»

Dipendenti e sindacati davanti allo stabilimento. Tavolo a Roma: «Vendita a FairCap già conclusa? Grave, dal governo serve una reazione forte»

Roberta Mantini
l presidio dei lavoratori della Flex davanti ai cancelli dello stabilimento nella zona industriale di Trieste. Foto di Massimo Silvano
l presidio dei lavoratori della Flex davanti ai cancelli dello stabilimento nella zona industriale di Trieste. Foto di Massimo Silvano

Alla vigilia del tavolo di crisi al Mimit, in programma martedì 28 gennaio, oltre un centinaio di lavoratori della Flex ha scioperato con un presidio davanti ai cancelli. Da poco prima delle 8, all’ingresso c’erano i dipendenti rappresentati da tutte le sigle sindacali che hanno indetto lo sciopero (Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm e Ugl, assieme alle Rsu), l’assessore regionale Alessia Rosolen, una delegazione del Pd e persone già in pensione che hanno voluto sostenere i colleghi con la loro presenza.

La cessione delle quote

L’oggetto dello sciopero, che riguarda 350 famiglie, è l’intenzione della multinazionale americana Flextronics di cedere il 100% delle quote della società con sede a Trieste al fondo tedesco FairCap. A Roma è previsto l’incontro con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e alle 9.30 di martedì  è stata indetta un’assemblea all’interno dell’azienda e sono già state annunciate, in data da definire, delle manifestazioni in piazza. I rappresentanti dei sindacati hanno anticipato che «le aspettative sono quasi state preannunciate dai rumors che si sono rincorsi in questi giorni: Flex domani annuncerà di aver definito il passaggio di quote al fondo Faircap».

La protesta alla Flex ph Massimo Silvano
La protesta alla Flex ph Massimo Silvano

A rischio occupazione e attività industriali

«Se così fosse – ha dichiarato Antonio Rodà, segretario territoriale Uil Trieste Gorizia – sarebbe molto grave perché Flex era stata invitata dal ministero a mettere in stand by questa discussione e trovare con il governo possibili soluzioni per garantire occupazione e il proseguimento delle attività industriali. Quello che rifiutiamo in maniera assoluta – aggiunge – è che venga fatta “macelleria sociale” di fatto garantendo un piccolo presidio industriale e lasciando a casa la gran parte di questi 350 lavoratori che hanno garantito per anni la ricchezza della multinazionale».

Il taglio dei dipendenti

Vincenzo Esposito, Ugl Metalmeccanici di Trieste, ha definito questa situazione come «brutta ma chiara. Il fondo non farà nient’altro che abbassare ancora di più l’occupazione, già abbassata dell’80% portando i dipendenti da 900 a 350, preannunciando che c’è posto per 70 persone. Questa è la verità che verrà fuori domani (oggi, ndr) e ci aspettiamo che il governo reagisca in maniera veramente forte». La paura per il futuro emerge dalle parole dei lavoratori: persone con un’età media alta, spesso con mansioni e specializzazioni di nicchia che rendono difficile il rimettersi in gioco e in particolare a Trieste; donne e uomini prossimi alla pensione che sperano in uno scivolo. In alcuni casi sono delle coppie nate in questo luogo di lavoro come è successo a Marina e Renzo: «Siamo entrambi senza stipendio, risolveremo il problema in qualche modo, però la difficoltà c’è e non è da poco».

In pericolo le famiglie

Sono numerosi i lavoratori che hanno sulle spalle il peso della loro famiglia monoreddito, dove spesso i componenti sono figli piccoli o adolescenti, ma anche donne e uomini single. Andrea ha 48 anni: «Sono l’unico che in questo momento porta a casa lo stipendio, ho una figlia e quindi la preoccupazione è ancora più alta perché se resto a casa la famiglia ne risentirà». Massimiliano Generutti sta vivendo la crisi della Flex nel doppio ruolo di dipendente e funzionario Usb: «Quello che chiediamo alla politica in buona sostanza è “siete disponibili a ragionare sul creare un polo delle telecomunicazioni nazionali?” Cancellando una fabbrica dietro l’altra noi non produrremo più telecomunicazioni in Italia e saremo assolutamente dipendenti da altri Paesi cancellando un pezzo di storia di importanza non solo nazionale ma anche internazionale: qui facevamo un prodotto su fibra ottica che era all’avanguardia».

 

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