Trieste Science + Fiction: un immaginario che spiega il mondo presente con le paure del contemporaneo

Torna lo storico Festival della Fantascienza (edizione 21 della nuova serie chiamata Science+Fiction)
Paolo Lughi

TRIESTE Se una volta la fantascienza era un viaggio nello spazio o nel tempo, ora questo viaggio sembra essere arrivato a destinazione, e il sorprendente approdo è l’odierno pianeta Terra. La fantascienza ormai descrive proprio noi, non altri mondi o altre epoche. Quando mostra eventi pandemici, rivolte sociali, cambiamenti climatici, guerre cibernetiche coi droni, progetti di fuga dalla Terra e di colonizzazione di altri pianeti (come nel film dell’anno, “Dune” di Denis Villeneuve), la fantascienza racconta situazioni che abbiamo imparato a conoscere bene.

E in questo momento cruciale, di possibile uscita da una pandemia poco fa inimmaginabile, qui a Trieste - che da tradizione mitteleuropea è spesso sismografo dei tempi che corrono (ce ne siamo accorti fin troppo nei giorni scorsi) - torna dunque dal 27 ottobre al 3 novembre lo storico Festival della Fantascienza (edizione 21 della nuova serie chiamata Science+Fiction). È il più antico di tutti ma, per destino e capacità, è più che mai attuale con i suoi film distopici sempre più realistici, rispecchiamenti catartici delle nostre paure contemporanee.

Un tempo il Festival della Fantascienza era un fenomeno vintage. Da anni però, in questo millennio, grazie alla passione degli esperti della Cappella Underground, si è via via trasformato in un evento di culto che ha attratto folle cittadine crescenti (si spera quest’anno in via di ricomposizione). Un florido marchio internazionale che ha portato a Trieste tutti i giganti della fantascienza e del fantastico, da Neil Gaiman a John Landis, da Terry Gilliam a Enki Bilal, da Joe Dante a Moebius, da Christopher Lee a George Romero, da Alejandro Jodorowsky a Douglas Trumbull. Un exploit che ha come epicentro l’immaginario che mostra il futuro spiegando il presente, nonché un pezzo vitale dell’identità di Trieste, quello che non si culla nella nostalgia del passato e non cessa di interrogarsi sul senso della contemporaneità.

Nell’edizione scorsa e in questa che arriva, il Trieste Science+Fiction Festival sembra essere stato suo malgrado coinvolto nel tema fantastico delle “sliding doors” (porte girevoli). Un anno fa, a una sola settimana dal via, stava per svolgersi in presenza, ma per la seconda ondata pandemica ha dovuto riconvertirsi in fretta interamente online. Quest’anno doveva svolgersi in presenza seppure con distanziamento, ma il calo dei contagi permetterà ora il totale riempimento del Rossetti e dell’Ariston. Sarà comunque ibrido, com’è avvenuto per tanti festival cinematografici del 2021, con una selezione di film visibili anche sulla piattaforma “Sci-Fi Club” del sito web MYmovies.

Il programma 2021 si annuncia come sempre internazionale e inedito per l’Italia, con film di autori per lo più emergenti, segnalati dai migliori festival esteri specializzati (ma ci sono anche i nuovi film del Premio Asteroide alla carriera Abel Ferrara, di Leos Carax e Ben Whetley, lo Spazio Italia, un Focus sul cinema svizzero, classici, meetings ed esposizioni). Se il pubblico sempre accorre (o si collega online) è perché sa che al Science+Fiction viene sorpreso da prodotti di qualità, che rileggono in chiave innovativa i generi del fantastico, ovvero fantascienza, horror e fantasy.

Più di sempre, com’è naturale dall’anno scorso, l’attesa e la curiosità principali vanno a quei film che trattano i temi che riflettono le situazioni e le tensioni del nostro presente. Sul fronte della pandemia, ad esempio, ecco il brasiliano “The Pink Cloud” della regista esordiente Iuli Gerbase, sull'impatto di una misteriosa e letale nuvola rosa che appare in tutto il mondo. Dopo aver trascorso una sola notte insieme, i protagonisti Giovana e Yago saranno costretti a barricarsi in un appartamento e a vivere come una coppia per anni di lockdown condiviso. Ma mentre Yago vive nella sua utopia, Giovana si sente intrappolata.

Sul cambiamento climatico, il film d’apertura francese “Le dernier voyage” di Romain Quirot, con Jean Reno, immagina come in un prossimo futuro la maggior parte delle specie animali si sia estinta e milioni di persone siano costrette a vivere come rifugiati. Per quanto riguarda invece la voglia di fuga da un pianeta sempre più inospitale, è in arrivo il britannico “Settlers” di un altro esordiente, Wyatt Rockefeller. Si tratta di un sci-fi western dove la nuova frontiera è il pianeta Marte e dove i nuovi colonizzatori cercano di sopravvivere in un mondo sconosciuto combattendo contro uomini spietati che già lo abitano. Non mancano poi le declinazioni sul tema della dittatura (non necessariamente “sanitaria”). Nell’americano “Strawberry Mansion” di Kentucker Audley e Albert Birney uno stato orwelliano controlla tutto e monetizza ogni esperienza umana, riscuotendo tasse persino sui sogni della popolazione.

Infine, a 20 anni dalla data più simbolica della fantascienza, il 2001, ecco il britannico “Absolute Denial” di un altro esordiente, Ryan Braund, film di animazione con 30mila fotogrammi disegnati a mano, che racconta la competizione - molto kubrickiana - tra un supercomputer e il suo creatore.

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