Trieste, scambio di salme, cremata quella sbagliata
TRIESTE Prima le fanno il funerale, poi la cremano. Ma il corpo, si scopre ora, era quello sbagliato. Il caso, se di mezzo non ci fossero sentimenti, persone e drammi, sarebbe degno per la sceneggiatura di un film tragicomico. Succede a Trieste e succede proprio a Vera Vidali, la settantenne alla quale il 118 lo scorso 10 marzo aveva diagnosticato un’influenza, consigliando una tachipirina, ma che invece è deceduta poche ore dopo, durante la notte, per un grave problema cardiaco non riconosciuto. Sulla sua vicenda, che di per sé aveva già suscitato molto scalpore in città con polemiche sull'efficienza dei soccorsi, indaga la Procura.
Ma adesso piove sul bagnato: la salma dell’anziana, in queste settimane, è stata scambiata per quella di un’altra persona con lo stesso cognome: Nivea Vidali. Dovevano seppellire Nivea, invece hanno preso per sbaglio il cadavere di Vera e lo scorso 14 aprile l’hanno cremata con tanto di funerale. Una storia di macabra omonimia. E ieri, quando tutto era pronto per le esequie di Vera, naturalmente la salma non si trovava più. L’hanno cercata per tutta la mattina, in un giro di telefonate tra l’obitorio e l’ospedale di Cattinara. «Non so cosa pensare, è una cosa pazzesca...», dice il marito della settantenne, il signor Mario Cappelli, che davvero non si raccapezza.
Il coniuge è stato contattato proprio ieri dalla ditta incaricata, la “Trieste onoranze e trasporti funebri”. «Dovevano preparare la cassa perché domani (oggi, ndr) si sarebbero dovute tenere le esequie e poi la cremazione di mia moglie», racconta. «Gli addetti sono andati quindi all’obitorio per prelevare la salma, ma di lei non c’era traccia». C’era invece il cadavere di Nivea. «Si sono rivolti a un responsabile e insieme hanno constatato che nelle scorse settimane c’è stato questo pazzesco errore: hanno preso mia moglie anziché l’altra persona».
Ma chi ha sbagliato? Chi ha potuto prendere un abbaglio tanto colossale? Secondo la ricostruzione dell’AcegasApsAmga, l’errore sarebbe da attribuire all’Alabarda, la società di onoranze funebri che aveva in mano la pratica di Nivea. «Hanno preso la prima Vidali che si sono trovati sotto il naso», protesta il signor Cappelli. L’azienda non commenta, si chiude nel silenzio: «Non sappiamo nulla», risponde un’impiegata al telefono. Ma dalle ricostruzioni fatte in queste ore non ci sono dubbi.
Gli addetti avevano preso la salma dall'obitorio senza controllare il nome esatto riportato sul bracciale. A loro giudizio le condizioni del cadavere non consentivano un’esposizione decorosa nella bara. Infatti avevano davanti non Nivea bensì Vera, il cui corpo era stato tenuto nelle celle frigorifere per oltre un mese e mezzo pronto per l'autopsia. L’esame autoptico serviva al medico legale per verificare le circostanze che avevano causato il decesso della settantenne la notte tra il 10 e l’11 marzo avvenuta in seguito all'arrivo dei soccorsi. Il cadavere, dopo tutte quelle settimane, era compromesso a un livello tale da spingere gli operatori dell’agenzia funebre a chiudere direttamente la cassa sigillandola. Forse si sono consigliati con i familiari, sta di fatto che il riconoscimento di rito è saltato. Nessuno ha controllato di chi era effettivamente il corpo e il funerale, con tanto di targhetta sbagliata sulla bara, è stato celebrato regolarmente. Così come la cremazione.
Per il marito è un calvario infinito. Ha sporto querela in Procura per chiedere di far luce sul perché gli operatori dell’ambulanza non si erano accorti che sua moglie non aveva un'influenza, ma che stava per morire per un problema cardiaco. Per poter piangere sulla tomba della moglie ha atteso l’autopsia. È passato un mese e mezzo da quella volta. E quando finalmente sono state autorizzate le esequie, la scoperta. Proprio un giorno prima del funerale. Da un’agenzia di pompe funebri gli hanno telefonato, imbarazzati e affranti, per dirgli sua moglie non si trovava, era svanita. Era già in cenere. «Io non so cosa dire, non ho parole, è drammatico, è kafkiano. È...non so, ditemi voi», sussurra Mario. Sporgerà denuncia. E cos’altro potrebbe fare?
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