Trieste, Salich: «Quando i tacchi alti per ballare li volevano gli uomini»

TRIESTE Gente che va, gente che viene. Dal calzolaio Nevio Salich c’è un via vai continuo di persone, che prima di partire per le vacanze, non rinunciano a sistemare i sandali. In via dell’Industria 26, nel rione di San Giacomo, il negozietto di Nevio è luogo di meraviglia per l’anima.
La passione per quest’arte, Nevio l’ha maturata fin da giovane: «Sono nato a Momiano nel 1937. Dopo aver fatto il ginnasio, poiché mi piaceva fare scarpe, mi sono trasferito a Como. Così nel 1954 ho iniziato a fare il calzolaio».

Ed è proprio a Como che Nevio ha imparato a creare scarpe per ogni gusto ed esigenza: «Sono andato in un negozio che faceva solo scarpe nuove, e lì ho fatto il tirocinio. La madre del calciatore Luigi Meroni, rimasta vedova, era la proprietaria dei muri del negozio, che era stato preso in affitto da un calzolaio bravissimo, il quale aveva fatto vent’anni di moda a Parigi».
Il negozio sarebbe poi passato a Nevio, ma purtroppo fu chiamato militare a Casale. A Como si lavorava tanto sia in inverno, sia in estate. E creare una scarpa dal nulla era all’ordine del giorno: «Di forme di legno ce ne avevo tante, più di trecento paia. A seconda del piede, si aggiustavano».
Tutto si faceva rigorosamente a mano, era un lavoro diverso da quello di oggi, così come lo erano i materiali. «Si metteva la suoletta di cuoio dentro, i guardoli di cuoio cuciti a mano, poi la suola; infine si cuciva tutto intorno e i punti dovevano essere esatti. La scarpa veniva perfetta, solo che quella volta costava un po’ di meno di adesso, per questo non si fa più». Tra i ricordi quello di una contessa di Como che ogni anno si faceva fare dodici paia di scarpe, uno per ogni mese. E ovviamente non poteva mancare la scarpa per l’estate.
Nel negozio di Nevio, si possono vedere dei pezzetti di pelli del ’55, ancora perfetti: «Con questi facevamo le scarpe. Li prendevo in Svizzera, perché costavano di meno». Ogni calzatura era di qualità, «sempre in pelle e cuoio; c’era il cuoio Rocca, cuoio flessibile. I sandali erano un po’ come quelli di adesso: c’erano tanti tipi, ma il materiale che si utilizzava era migliore».

Si riuscivano a fare più riparazioni; oggi, se ci si imbatte in qualche gomma ostica che si rompe facilmente, il lavoro diventa complicato. Ma i tacchi si continuano a fare. E se una volta i tacchi delle scarpe delle donne difficilmente superavano i 4-5 centimetri, quelli degli uomini potevano avere anche qualche centimetro in più:
«Erano i ragazzi a portarli alti; li portavano così per andare a ballare» e scatenarsi in pista, nelle calde giornate estive, o in qualche ballo lento, guancia a guancia. Le scarpe da uomo con tacco e suola larga, erano quasi sempre in bi-color bianco e nero, ed erano richieste da quelli che volevano andare a ballare, calandosi nei panni di Fred Astaire.
Le calzature femminili, invece, sfoggiavano fiocchetti o nastrini, come quelle delle dive del cinema. E i colori in estate non mancavano. Per una scarpa buona e di ottima fattura, si faceva di tutto e la clientela era meglio di adesso: pagava subito; ora ci sono tante scarpe che non vengono neanche ritirate e ciò mi dispiace».
Tra la patina Perla, quella di una volta, e gli strumenti del mestiere (pinze, tenaglie, subbia, chiodini), Nevio prosegue il suo viaggio nei ricordi: «Se non andavo militare, non sarei venuto a Trieste, perché a Como si guadagnava bene e perché il negozio per il quale lavoravo è poi passato a me. Purtroppo, mentre ero militare, il socio che avevo preso, Martinez, è morto, così sono venuto a Trieste, a trovare mio fratello».
Da via Massimo d’Azeglio, dove ha aperto il primo negozio, nel 1976 è arrivato in via dell’Industria. Anche con il caldo estivo, è pronto a sistemare ogni tipo di calzatura, pur di farci camminare comodi.
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