Trieste, Rosato: «Fa male per i miei figli. I grillini devono fermarsi»

Il politico triestino, seppur «abituato agli insulti in rete», stavolta non incassa. «Mi sorprende che i vertici del Movimento non capiscano e sottovalutino»
26/10/2017 Roma, Rai 1, trasmissione televisiva Porta a Porta, nella foto Ettore Rosato
26/10/2017 Roma, Rai 1, trasmissione televisiva Porta a Porta, nella foto Ettore Rosato

TRIESTE. «Non sono uno che si impressiona, mai. Ma quella frase mi fa male. Per la mia famiglia e per i miei figli, naturalmente. E perché non l’ha scritta uno qualsiasi». Ettore Rosato non cita la legge che porta il suo nome, e da cui nasce l’ultimo attacco grillino, quell’incredibile «ti bruceremo vivo» di Angelo Parisi, assessore designato dal candidato 5 Stelle della Regione Sicilia Giancarlo Cancelleri. Il tema non sono stavolta collegi, soglie, listini. La questione è quella della violenza social, che corre sul web, che invade Facebook e Twitter.

Trieste, il caso Rosato: «Ti bruceremo vivo». Bufera su M5S
26/10/2017 Roma, Rai 1, trasmissione televisiva Porta a Porta, nella foto Ettore Rosato


Rosato, qual è stata la sua prima reazione?

Ho provato innanzitutto tristezza. E una grande amarezza nel vedere che il dibattito da campagna elettorale è arrivato a toni di questo genere.

Toni da social?

Siamo purtroppo abituati agli insulti in rete. Ma che l’insulto arrivi da chi è stato designato a fare l’assessore regionale non può che preoccupare fortemente. Siamo davanti a un impresentabile per un ruolo istituzionale. Cancelleri farebbe bene a liberarsene.

Quanto difficile è per lei sopportare i quotidiani insulti online?

Li metto in conto e non ne ho mai fatto un dramma. Quello che diventa inaccettabile è che a insultare è chi si dovrebbe misurare con te con la forza delle idee, non delle minacce.

Agirà contro Parisi?

Per la prima volta credo che segnalerò la vicenda all’autorità giudiziaria. Gli insulti si tollerano, l’istigazione alla violenza è altra cosa.

Pochi giorni fa abbiamo letto le nuove esternazioni di un consigliere comunale triestino. Siamo alla deriva della politica contemporanea?

Direi della politica ignorante. Dopo di che i social certo enfatizzano queste cose, facendo sentire più importante chi lancia sciocchezze, cattiverie, offese. Non è responsabilità dello strumento, sia chiaro. Il problema è l’uso che se ne fa.

Crede che questo atteggiamento riguardi soprattutto il M5S, vista la carenza di storia e cultura politica di chi si è appena affacciato sulla scena?

Rilevo quello che c’è. Non posso non sorprendermi della sottovalutazione dei dirigenti apicali M5S rispetto a quello che è stato scritto contro di me. Se si pensa che si sia trattato solo di parole fuori posto, c’è evidentemente una condivisione di fondo su questo modo di fare. Giusto riconoscere al M5S Fvg, duro ma rispettoso, di aver mostrato ben altro stile.

Pensa a Di Battista che si è limitato a definire quello di Parisi un «tweet infelice»?

Penso a chi non capisce che queste non sono battute. Quando si semina odio e violenza, germogliano prima o poi le piante. E ci sarà qualcuno che arriverà a usare l’accendino. Se si passerà dalle parole, già di per sé pericolose, ai fatti, mi chiedo di chi sarà la responsabilità.

Sono arrivate le scuse, ricordano ancora i grillini. E pure Cancelleri ha “protetto” il suo possibile assessore.

Le scuse sono arrivate dopo qualche giorno, ma la questione non è personale. Non sono preoccupato per me. Da quelle parti della politica si pensa che queste modalità siano tollerabili nel confronto politico. L’abbrutimento di linguaggi e comportamenti lacera in maniera incurabile il nostro tessuto sociale.

Ha avuto la solidarietà di tanti, anche di Massimiliano Fedriga.

Tutti gli amici mi sono stati vicini, fa piacere che arrivino messaggi solidali pure dagli avversari. In politica ci si scontra, ma vanno rispettate le regole del vivere civile.

Ha il rimpianto della politica d’altri tempi?

Sì, rimpiango l’altezza dei dibattiti in cui la dialettica era utilizzata per convincere con le motivazioni, non con l’urlo che chiama l’applauso. Seppure di una minoranza.


 

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