Trieste, rifiuta di fare l’alcoltest: assolta perché asmatica

La vicenda di una donna di 36 anni fermata dai carabinieri in corso Italia. Obbligata inutilmente a soffiare nell’etilometro ora ha vinto anche in Appello
Un posto di controllo dei carabinieri in una foto di archivio
Un posto di controllo dei carabinieri in una foto di archivio

TRIESTE È stata costretta ad arrivare fino a una sentenza della corte d’Appello per dimostrare un fatto ovvio e sicuramente di buon senso. E cioè che un’asmatica - anche se messa alle strette dai carabinieri - non riesce a soffiare nell’etilometro.

Milena M., 36 anni, era finita a processo per essersi rifiutata di sottoporsi all’alcoltest. Ma non era vero che aveva detto «no» ai carabinieri che l’avevano fermata in corso Italia alla guida della sua Volvo. Semplicemente non ce la faceva ad espellere l’aria dai polmoni. Ma - codice alla mano - i militari non avevano accolto la giustificazione. «Non faccia storie, soffi e basta», avevano detto. Una tortura. Poi quando la donna esausta aveva detto basta, era scattata - inevitabile - la denuncia.

La sentenza emessa dal collegio della prima sezione penale della corte d’Appello presieduto da Igor Maria Rifiorati ha confermato la precedente di primo grado pronunciata dal giudice Enzo Truncellito.

Ma il pg Carlo Sciavicco aveva impugnato l’atto. E così la donna si è trovata nuovamente sotto accusa. E ora, appunto, è stata definitivamente assolta. È stata difesa dagli avvocati Alberto e Andrea Polacco.

La vicenda surreale porta la data del 28 agosto del 2011. Attorno alle 3 del mattino Milena M., mentre alla guida della sua Volvo stava percorrendo corso Italia, era incappata in un posto di controllo dei carabinieri. Prima le avevano chiesto la patente e il libretto. Poi era scattato il controllo antialcol. Così subito i carabinieri le avevano effettuato un test con il precursore che aveva dato esito positivo: l’automobilista era stata invitata a soffiare nell’etilometro. Per sei volte - questo è risultato nell’istruttoria dibattimentale - in effetti ci aveva provato. Ma mai con la sufficiente energia. Aveva spiegato che era asmatica. Ma evidentemente i militari non le avevano creduto.

Durante il processo di primo grado era anche emerso che la donna da bambina aveva sofferto di una gravissima forma d’asma con due episodi di pneumomediastino, una sorta di collasso polmonare. E anche che la notte del controllo in corso Italia era affetta da un grave e persistente stato patologico.

Per il pg Sciavicco questi elementi non sono stati sufficienti. Nel ricorso ha infatti rilevato la contraddizione tra il fatto che la donna aveva effettuato senza problemi il test con il precursore. E che poi, dopo aver saputo che l’esito era stato positivo, aveva detto che era asmatica e che quindi non poteva soffiare nell’etilometro.

Ma durante il processo d’Appello è emersa un’altra circostanza ovvia, peraltro già rilevata nel dibattimento di primo grado. E cioè che la prova con il precursore richiede una quantità di aria di molto inferiore rispetto a quella necessaria per effettuare correttamente l’alcoltest. Una tesi questa che è stata ribadita dai difensori. Da qui la conferma della sentenza d’assoluzione perché il fatto non sussiste.

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