Trieste ricorda la Shoah: la Risiera resti un monito

Cosolini: in tempi di crisi non si reinventino nemici. Crepaldi: il futuro della città sia nel segno della pace. La storia di Adele, deportata ad Auschwitz a 14 anni
Lasorte Trieste 27/01/12 - Giornata della Memoria, Marcia Silenziosa
Lasorte Trieste 27/01/12 - Giornata della Memoria, Marcia Silenziosa

Il 27 gennaio 1945 i militari dell’esercito dell'Armata russa varcavano i cancelli di Auschwitz. Passando sotto quella scritta beffarda - “Il lavoro rende liberi” - scoprirono che dietro a quel varco si nascondeva l'orrore dello sterminio nazista. Per non dimenticare i milioni di ebrei, e le centinaia di migliaia di rom, zingari, omosessuali, dissidenti politici, bambini, disabili mentali e fisici morti e bruciati nei forni crematori, nel 2000 in Italia è stato istituito il Giorno della memoria, per onorare anche chi ha sacrificato la propria vita per salvare tanti perseguitati. Oggi il Giorno della memoria diventa monito per le nuove generazioni. Alla Risiera di San Sabba, unico campo di sterminio in Italia, Roberto Cosolini, nel suo primo discorso da sindaco (scritto anche in lingua slovena), ha annotato come proprio in piazza Unità, «nel 1938 Mussolini tenne “il discorso del 18 settembre” annunciando la promulgazione delle “leggi per la difesa della razza”».

E ha esortato a non dimenticare perché «ancora oggi il razzismo e l'antisemitismo affiorano strisciando nella società, sono presenti in modo inquietante nei nuovi mezzi di comunicazione, frequentati soprattutto dai più giovani e la cronaca ci presenta episodi quasi quotidiani. La scena internazionale di questi anni ha visto tante situazioni in cui razzismo, genocidio sistematico, persecuzioni si sono ripetute senza che la politica abbia voluto o potuto opporvisi efficacemente».

Se a questo si aggiunge che l'Europa vive un momento di grande incertezza, bisogna restare vigili, ha ammonito il sindaco: «Una crisi economica e sociale inedita può offrire, come in passato, la scintilla che fa sì che inquietudine, disagio, disperazione si facciano sedurre da slogan e da campagne capaci di indicare come la ricetta sia inventare e colpire un presunto nemico, un presunto colpevole, invece di rafforzare coesione e solidarietà per farcela insieme».

Ieri in Risiera, alla cerimonia volutamente sobria, oltre ai rappresentanti delle istituzioni, i militari e i religiosi e i tanti giovani in visita, il piazzale, davanti a quello che fu il forno crematorio, non era però affollato. Ma Trieste per Cosolini può raccogliere la sfida e diventare un luogo simbolo «dove la lezione del Novecento diventa consapevolezza dei valori di libertà, di rispetto, di riconoscimento delle diversità. Proprio la Risiera e la città tutta possono essere in Italia e in Europa un simbolo e un luogo di ricerca su quelle che la storiografia ha chiamato efficacemente “le ombre dell’Europa” e cioè i progetti nazionalistici e totalitari che hanno distrutto la convivenza civile nel secolo scorso.

Così Trieste da città della memoria può essere città del futuro». Il testimone della memoria va consegnato alle nuove generazioni, perché si continui a raccontare. E così ecco la storia di Adele, 84 anni, deportata ad Auschwitz (aveva 14 anni) e per la prima volta ieri in Risiera a seguire le celebrazioni: «Ti prendevano così, bastava che uno dicesse qualcosa su di te. Io e mia sorella ci siamo salvate, mamma è morta; mio padre lavorava come civile per i tedeschi e si è salvato». Anche per Adele oggi viviamo momenti difficili: «Continuo ad avere paura perché la violenza è troppo grande. Si parla di pace ma mi sembra che la violenza stia aumentando». Ha parlato di un futuro di pace il vescovo Giampaolo Crepaldi nel ricordare la Shoah: «Che il futuro della nostra città di Trieste sia nel segno della riconciliazione e della pace. Non bisogna dimenticare le innumerevoli vittime di un cieco odio razziale e religioso, che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte in luoghi aberranti e disumani come questo».

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