Trieste, quel trenino dimenticato in Porto vecchio fra carte e degrado

TRIESTE Fermo tra erba alta, rifiuti ed edifici fatiscenti, ma bloccato anche da una burocrazia complessa e da diverse proprietà. Il trenino del Porto Vecchio resta parcheggiato, inutilizzato e parzialmente dimenticato all’interno dell’antico scalo, visibile dal parcheggio del Molo IV. Con la sua motrice di un giallo acceso e con i vagoni colorati è difficile non notarlo, a pochi metri dalla recinzione, come nei giorni scorsi è successo a un lettore, che ha scritto alla nostra redazione. Per il momento non è atteso nessun intervento di recupero, e i convogli sono destinati a rimanere dove sono. Ma il sindaco Roberto Dipiazza non esclude che in futuro possa rimettersi in marcia. Alle spalle del trenino, diventato famoso soprattutto per aver portato triestini e turisti nel 2016 alla scoperta del Porto vecchio, anche durante la Barcolana, c’è una storia complicata e farraginosa.
«Una motrice appartiene all’Autorità portuale, una al Museo ferroviario, mentre le due carrozze - spiega Leandro Steffè, presidente di Ferstoria - sono state acquistate dalla nostra associazione, con il contributo di diversi soci nel 2016, grazie a un’iniziativa collettiva. Ma non è stato mai stabilito e certificato un atto di proprietà, così come un’immatricolazione.

Ci siamo occupati comunque di reperire i mezzi, che arrivavano dall’Austria, due carrozze di prima classe, adattate con tavolini, anche per un eventuale servizio ristorante, con una cinquantina di posti ciascuna, che facevano parte di una flotta privata di un’azienda, che aveva intrapreso la strada dei treni turistici a cavallo dei confini. Noi saremmo anche disponibili a gestire nuovamente tutto, ma ricordo che c’è anche un altro problema - aggiunge - il fatto che il Museo Ferroviario è passato alle Ferrovie, che andrebbero interpellate per un eventuale riutilizzo. Allora - ricorda - era stato fatto un ottimo gioco di squadra tra il Comune, con il sindaco Roberto Cosolini, l’Autorità portuale e le altre realtà coinvolte. Peccato non sia continuato». Secondo Steffè il ripristino non sarebbe difficile. «In termini pratici, - precisa - perché il treno non si trova in condizioni pessime, certo ha bisogno di manutenzione, ma soprattutto - puntualizza - servirebbero i binari, che in parte nel frattempo sono stati cementati. E ora non è possibile, ad esempio, effettuare il giro che il convoglio percorreva nel 2016. La speranza di poterlo vedere nuovamente in moto però c’è. E sarebbe anche un mezzo ecologico e sicuramente molto apprezzato dalla gente, come già successo anni fa».

Marino Quaiat, dell’omonima ditta, che proprio nel 2016 si era occupato di fornire un supporto tecnico al trenino, ricorda i numeri registrati. «Oltre 14 mila persone in 8 weekend - spiega - era stato un grande successo. Erano venuti addirittura turisti giapponesi a vederlo ed erano entusiasti. Era già pronto il progetto per continuare a mantenerlo in funzione a impatto zero. Purtroppo poi non si è fatto nulla». Anche Antonella Caroli Palladini, presidente della sezione di Trieste di Italia Nostra, auspica che il mezzo non venga dimenticato, ma sottolinea come prima sia necessario valorizzare i binari. «Perché vogliamo salvare la memoria storica dello scalo - evidenzia - che era, appunto, un porto ferroviario. Mantenere almeno un binario sarebbe importante, anche se non sempre operativo. Poi magari si penserà al convoglio, che potrebbe diventare anche un punto informativo per li turisti, per le scolaresche o anche un locale, considerando le carrozze ristoranti».
Da parte dell’Autorità portuale per ora non è previsto alcun progetto ma «siamo interessati - commentano - a valorizzare la nostra locomotiva appena si potrà». E tra le varie considerazioni c’è chi chiama in causa spesso il sindaco Roberto Dipiazza e si chiede come mai non abbia continuato a mantenere in vita il mezzo. «Finora era impossibile spendere ulteriori fondi per riutilizzarlo e non era funzionale - dice - ma in futuro si potrà sicuramente valutare. In questo momento - sottolinea - le priorità per il Porto Vecchio sono altre, serve ultimare gli accessi, le piste ciclabili e le strade, poi non escludo la possibilità di poterlo riattivare di nuovo, quando gli altri interventi saranno conclusi». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo