Trieste, “Potete usare tutti le scope nuove”. E i medici insorgono
TRIESTE Qualcuno, per buttarla in ridere, cita la celebre canzone di Elio e le Storie Tese. Ma per i sindacati la faccenda è seria, molto seria. La fornitura di scope e pattumiere, appena recapitata al Maggiore, non è stata una mossa molto gradita nelle corsie dell’ospedale: in tempi di tagli e spending review l’hanno interpretata come un sottile invito a medici e infermieri a fare le pulizie da sé. Ad arrangiarsi, insomma. Tanto più che sugli scatoloni della merce hanno trovato appiccicata la stampa di uno scambio di mail tra Rossana Piani, responsabile dei servizi assegnati alle ditte esterne, e Fabia Bassan, ex dirigente infermieristica. «Sono arrivate in magazzino le scope e le palette, 50 in tutto», informava lo scorso 26 giugno la Piani rivolgendosi alla collega Bassan. «Puoi allertare i Rid (i Responsabili infermieristici dipartimentali, ndr) che facciano presente ai Coordinatori che servono per pulire minime cose in reparto - annunciava - tipo carta, terra o similari. Le possono usare tutti, infermieri e medici, senza problemi. Ti chiedo ancora - concludeva la responsabile - di far inviare un elenco al magazzino con i nomi e i piani dei reparti cui consegnare il materiale. È il caso di fare una circolare?».
Scope e pattumiere sono state distribuite l’altra settimana, pronte per l’uso. Particolare che non è sfuggito al Cimo, il Coordinamento italiano medici ospedalieri, e neppure alla Cgil, che puntano l’indice sulla dirigenza. È la rivolta degli scopettoni. «Ho personalmente contattato la signora Piani - fa sapere Claudio Illicher, segretario provinciale Cimo - e proprio lei mi ha fatto capire che questo è un sistema introdotto appositamente per risparmiare qualcosa sui costi delle ditte che si occupano delle pulizie. Mi ha pure domandato come mi comporto a casa mia quando è sporco... al che mi chiedo? Se rovescio un disinfettante ora mi danno pure il mocio in mano? La verità - insiste il sindacalista - è che questo è un modo implicito per tentare di scaricare sui di noi, che di certo abbiamo altro di cui occuparci, di altre incombenze».
Illicher ha preparato un esposto all’Ordine dei medici, contestando il rispetto dei diritti contrattuali e della dignità professionale di chi lavora per curare i pazienti. «Io non sono un barista - protesta il medico - che per contratto deve pure pulire il locale dopo la chiusura. La questione andrà chiarita - rincara - perché dobbiamo scoprire se questa è un’iniziativa di un singolo o una decisione dei vertici».
Anche la Cgil si mobilita. Rossana Giacaz è su tutte le furie: «Credo e spero che non stiamo davvero arrivando a questo punto - commenta - mi auguro che ci sia solo un errore. Perché altrimenti cadiamo nel ridicolo: professionisti con ben altre responsabilità, e ben pagati, che devono fare le pulizie in ospedale. Purtroppo ormai siamo molto vicini a questo, vista la spending review. È necessario capire se ci sarà un’ulteriore riduzione dal 3 al 5% sui servizi. Altri tagli non si possono reggere. Spero in una svista, altrimenti invitiamo medici e infermieri a buttare giù dalle finestra scope e scopettoni».
Polemiche e mail hanno presto raggiunto i piani altri dell’amministrazione. Il commissario dell’Azienda ospedaliera e sanitaria Nicola Delli Quadri però respinge qualsiasi accusa. «L’interpretazione data dai sindacati è destituita di fondamento - ribatte il manager - e non corrisponde certamente allo stile di questa direzione né della gestione della cosa pubblica. È un’interpretazione che respingo fermamente, anche se il modo con cui è stata scritta quella mail può essere ambiguo. C’è un equivoco, non so se reale o se voluto, ma che non ha alcuna sussistenza nella realtà». In serata, dopo altri approfondimenti, Delli Quadri precisa ulteriormente. «Il materiale esiste ed è stato consegnato nei reparti - conferma - ma è finalizzato a fornire il personale degli strumenti necessari in caso di situazioni d’urgenza, in attesa dell’intervento degli addetti preposti. Poi chi lo vuole ne faccia uso, altrimenti può tranquillamente rifiutarsi».
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