Trieste porto della Nuova Europa «Aperti a nuovi siti industriali»
«Trieste è un porto dell’Europa e uno dei luoghi globali del mondo»: l’approfondimento della rivista di geopolitica Limes sul Medioceano accende ancora una volta i riflettori sui primati del porto di Trieste. Motore degli investimenti tedeschi ma anche al centro della competizione fra Stati Uniti e Cina, come ha precisato il direttore di Limes Lucio Caracciolo. «Tuttavia non bisogna limitare le potenzialità del porto alla gestione delle merci ma va rilanciato nell’ambito delle nuove catene logistiche globali e investendo in nuovi siti industriali», precisa Zeno D’Agostino nel convegno finale delle Giornate del Mare di Limes. «Il Porto di Trieste, per la sua collocazione geografica e per le sue caratteristiche, è un porto europeo e non solo italiano. É il più vicino scalo di approdo per le navi che passano per il Canale di Suez e le cui merci hanno come destinazione l'Europa Centrale e orientale», spiega ancora il numero uno dell’Auhority. «Bisogna rimettere al centro dell’interesse nazionale il settore marittimo, il nostro patrimonio liquido», ha insistito Luca Sisto, direttore generale di Confitarma.Il forum di Limes ha analizzato il nuovo dinamismo tedesco e francese nella concorrenza con Usa e Cina. Si spiegano così anche gli investimenti dei tedeschi di Hhla, il gruppo terminalista pubblico di Amburgo, nella Piattaforma logistica Trieste al posto dei cinesi di China Merchants: «Siamo il perno meridionale di un’asse che va dall’Adriatico al Baltico in una posizione fondamentale per i porti del Nord», aggiunge D’Agostino che ricorda anche l’ingresso dell’interporto di Duisburg a Fernetti. Così si giustifica anche il nostro peso economico: «La Germania dipende logisticamente dal petrolio che passa per il porto franco di Trieste. Il 40% del petrolio che arriva alla Germania intera passa per il nostro porto con l’oloedotto della Siot come pure il 100% di quelle destinato a regioni industriali come la Baviera e Baden Wurtenberg, pilastri dell’economia tedesca».Su sollecitazione degli esperti di Limes ieri si è ragionato su ruolo dell’Italia nel Mediterraneo. Fra i relatori anche Vincenzo Vitale, comandante della capitaneria di porto di Trieste. Per D’Agostino il porto di Trieste può essere un’arma «fenomenale» per la diplomazia del nostro Paese e le sue relazioni internazionali: «Sarebbe ora che il Governo tornasse a riconoscere il ruolo strategico che il Porto di Trieste ha sullo scacchiere logistico e geopolitico». «Da quando nel 2001 la Cina, potenza economica in ascesa, entra nel Wto (a cui si fa risalire l’inizio della globalizzazione) il Mediterraneo è diventato un’area di grande competizione commerciale», ha spiegato Massimo de Andreis direttore generale di Srm, Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo. La globalizzazione -per Deandreis- non è finita ma sono cresciute le rotte regionali che costituiscono il 40% del traffico totale». Un report del centro studi del gruppo Intesa Sanpaolo, stima una crescita del 4,2% dei volumi di traffico marittimo per il 2021, con un ulteriore incremento del 3,1% nell’anno successivo: «La strategia è quella di aprire una nuova era di integrazione regionale nel Mediterraneo dove l’Italia già oggi è leader con 244 milioni di tonnellate e una quota di mercato del 37%. Ci sono forti sinergie possibili fra Trieste e Venezia da una parte e Genova dall’altra.
Ma serve più integrazione per colmare il divario con i porti del Nord Europa che, nonostante il blocco dei commerci post-pandemia, restano più efficienti». Incidenti come quello di Suez imporranno così un ritorno alla “regionalizzazione” dei traffici globali accorciando le catene logistica delle forniture via mare. Nel 2021 i volumi di traffico potrebbero raggiungere i 12 miliardi di tonnellate, superando i livelli pre-Covid: «Sono cresciuti gli investimenti infrastrutturali nei porti-sottolinea Deandreis- a partire dall’ingresso dei cinesi nel porto del Pireo dopo la crisi greca. Questo processo spiega anche l’investimento tedesco a Trieste».
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