Trieste, pochi spot e sedi minimal: la campagna è “low cost”

TRIESTE Elezioni “low cost”. Non ci sono più i soldi di una volta e le campagne elettorali si fanno al risparmio. Nel 2006 Roberto Dipiazza spese più di 250mila euro per ottenere il secondo mandato a scapito dell’attuale capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato che da sconfitto entrò al governo Prodi come sottosegretario.
Dipiazza, che può contare sullo stipendio da consigliere regionale, questa volta non si sbilancia: «Mi preme sottolineare che investirò le mie personali risorse, perché non ho a disposizione quelle (ingenti) dei partiti su cui altri candidati possono contare» sottolinea Dipiazza omettendo che a sostenerlo ci sono ben sei liste tra cui diversi partiti come Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia.
Nel 2011 il Pdl (con dentro Forza Italia e An) spese circa 70mila euro e la Lega quasi 33mila euro. La Lista Dipiazza investì invece 12.350 euro. «Tutti i costi, nel segno della trasparenza, saranno specificati, giustificati e come previsto resi pubblici a conclusione della campagna» aggiunge Dipiazza.
Roberto Cosolini, alla ricerca del bis con un centrosinistra formato da cinque liste, offre qualche cifra: quasi 18mila euro di spese tipografiche, 8mila per la sede di piazza San Giovanni, 22mila euro per inserzioni pubblicitarie e sale convegni. Quasi 50mila euro già impegnati.
«Rendiconteremo tutto fino all’ultimo euro. Ci avvaliamo di un contributo del Pd e inoltre abbiamo aperto un conto corrente per raccogliere sottoscrizioni» spiega il sindaco uscente che nel 2011 spese 190mila euro (più un contributo di 60mila euro offerto dal Pd).
Nel 2011 il Movimento 5 Stelle, al suo esordio, spese 7.514,97 euro che gli valse 6mila voti (6%) e due consiglieri eletti. A distanza di 5 anni potrebbe spendere qualcosa di più. Ma senza esagerare. Quella del M5S resta una campagna votata all’autofinanziamento (dal pranzo in osmiza con Di Battista agli aperitivi serviti dal candidato sindaco) e alla trasparenza (sul sito di Paolo Menis è possibile seguire tutta la rendicontazione della campagna giorno per giorno e scontrino per scontrino).
«La spesa maggiore, ovviamente, è quella sulla comunicazione - dichiara Paolo Menis - credo che alla fine una previsione realistica di spesa possa essere circa 8mila euro. In ogni caso non andremo oltre i 10mila. Per dialogare con i triestini, per spiegare ai cittadini il nostro programma non serve spendere centinaia di migliaia di euro come hanno fatto - e fanno tuttora - i politici di professione anche a livello locale».
Al risparmio anche la campagna di Un’Altra Trieste Popolare, candidato sindaco Alessia Rosolen. «Abbiamo impostato questa campagna elettorale sul contenimento totale delle spese. Non abbiamo pensato a sedi faraoniche. La spesa più grande sarà l’invio di una lettera a 125mila famiglie a firma della nostra candidata - spiega il responsabile della lista Franco Bandelli -. Non spenderemo più di 20mila euro». Nel 2011 Un’Altra Trieste per Bandelli sindaco investì 50mila euro (più di 10mila i voti ottenuti).
E c’è persino chi ha messo in gioco il suo Tfr. Il budget per la campagna elettorale di Fabio Carini, candidato sindaco della lista civica apartitica Startup Trieste, è di 12-15mila euro che provengono principalmente da un autofinanziamento oltre che da graditissimi contributi di amici che sostengono il progetto.
Carini ha chiesto un’anticipazione del Tfr, pari al 30%, destinato in parte anche al sostentamento personale nel corso dei primi sei mesi di aspettativa dal lavoro. «Ho fatto - spiega - una scelta d’amore per Trieste investendo sull’impegno in prima persona per garantire a Trieste un Comune libero, un Comune di persone e non di poltrone, un Comune meritocratico e non partitocratico».
E a sinistra? Non c’è molto o non c’è da spendere o spandere. «Abbiamo un budget che non supererà i 2mila euro in totale. È un finanziamento dei due partiti che sostengono la lista: Prc e Pdci. Personalmente l’unica spesa che ho sostenuto sono 30 euro per fare dei santini» spiega Iztok Furlanic candidato sindaco di Sinistra unita.
«Non abbiamo un cent. Siamo “cisti”» chiarisce Marino Sossi, capogruppo comunale di Sel e candidato sindaco di Si Sinistra per Trieste sostenuta anche dal deputato Aris Prodani. «Ho chiesto un contributo a Roma per stampare qualche bandiera e alcuni volantini. Ci arrangiamo con l’autofinanziamento. Una campagna povera. Non arriviamo a mille euro di spese».
Neppure l’indipendenza è gratuita. Giorgio Marchesich, candidato sindaco per il Fronte per l’Indipendenza del Tlt, ha investito 20mila euro. Soldi suoi. Anzi un debito contratto con l’Unicredit di via Locchi. «Son fora de 20mila. Ho fatto un “puff” per la causa. Ho cominciato ad agosto con i manifesti per la manifestazione del 13 settembre. Soldi miei, non soldi pubblici» spiega Iure. Soldi già spesi tutti. La gran parte sono andati per i mega manifesti con cui ha tappezzato più volte la città.
Cinquemila euro è, invece, il budget di Uniti per Trieste, candidato sindaco Nicola Sponza. «Viviamo alla giornata. Siamo orgogliosamente indipendenti». Soldi raccolti tra i quasi 300 soci dell’associazione politica. «La nostra lista si finanzia esclusivamente con le donazioni dei suoi candidati consiglieri. Il budget previsto non supera i 2.000 euro» aggiunge l’indipendentista Vito Potenza candidato sindaco. «Non spendiamo un centesimo per la propaganda elettorale» assicura Maurizio Fogar, candidato sindaco di “No Ferriera Sì Trieste”. Un lista a chilometro zero e a costo zero.
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