Trieste, pochi donatori, il sangue arriva dal Friuli
Le scorte di sangue degli ospedali di Cattinara e del Maggiore iniziano a scarseggiare e per i pazienti triestini si usa ormai quello dei friulani. Quella che sta attraversano la città è una vera e propria emergenza che ha spinto le autorità sanitarie locali a rivolgere un appello alla donazione. Tirando le somme, per raggiungere i livelli di sicurezza in grado di soddisfare le necessità degli ammalati, nel capoluogo servirebbero subito altre ottocento sacche. È questo l’ammanco che si sta verificando a Trieste.
Il Dipartimento di medicina trasfusionale, che ricopre l’Area giuliano-isontina, si è già mobilitato. E il direttore Luca Mascaretti, professionista tutt’altro che incline agli allarmismi, parla chiaro: «La situazione – afferma – non è per nulla positiva». La carenza è cronica. Lo è tanto più per il capoluogo che deve rispondere a una popolazione con il tasso di ultrasettantenni più alto del Fvg. Qualche numero. La provincia di Trieste e Gorizia in genere esprime un’autosufficienza di circa 16.500 unità di globuli rossi. Nel 2016 ne ha trasfuse 15.800: un surplus. Nel primo semestre del 2017 si sta invece registrando un calo delle donazioni pari al 12%. Non bastasse, si è alzato il fabbisogno: +5%. Perché? Si è operato di più. Ci sono pazienti con maggiori criticità, proprio perché più vecchi.
A conti fatti, mancano 800 sacche da 280 ml, in modo da raggiungere la soglia media annua delle 16mila unità. Finora ne abbiamo accumulate circa 7.500, anziché le 8.200 preventivate. «Se il trend per Trieste, Gorizia e Monfalcone continua così - osserva ancora Mascaretti - è grave». Un nodo non solo triestino, quindi, ma che mette più a rischio il capoluogo proprio perché deve curare tanti anziani. Il sangue è indispensabile per far fronte alle emorragie causate da traumi e incidenti, agli interventi in Chirurgia e Cardiochirurgia, ai malati di fegato e alle complicazioni post-parto, per quanto rare. C’è poi tutto il versante della cronicità: anemie, chemioterapie e mielodisplasie. È grazie all’intervento delle strutture sanitarie di Udine e Pordenone, attraverso il Centro di raccolta e di distribuzione di Palmanova, che il territorio giuliano-isontino in questi mesi ha potuto affrontare la scarsità riscontrata. «Anche loro hanno avuto un calo - precisa il direttore del Dipartimento - ma non ai nostri stessi livelli. Va detto che i friulani raccolgono di più perché, storicamente, da questo punto di vista hanno una sensibilità maggiore».
Qual è lo scenario che ci attende senza un’inversione di rotta? «Non resteremo senza sangue – avverte il direttore di AsuiTs Nicola Delli Quadri – visto che il sistema regione è capace di compensare. Ma bisogna intervenire». Sulla stessa linea il Coordinamento trasfusionale regionale: «Le criticità ci sono ma in Fvg non sono stati sospesi interventi chirurgici o terapeutici per carenza di sangue». La guardia comunque resta alta tanto che dal Dipartimento di medicina trasfusionale è partita, nei reparti di Cattinara, Maggiore e Burlo, la raccomandazione di attenersi scrupolosamente alle linee guida sull’utilizzo delle sacche. «A me non piace fare appelli - rileva Mascaretti - perché il pericolo è creare ansia nella popolazione e nei donatori. Ma in questo momento Udine e Pordenone ci stanno fornendo ciò che a noi manca. Il nostro territorio deve essere autosufficiente».
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