Trieste: per salvare la Ferriera, Arvedi vuole Elettra

L’imprenditore interessato al contratto d’affitto ma non può prescindere dalla centrale termoelettrica. I sindacati chiedono precise garanzie
Di Silvio Maranzana

Passerebbe soprattutto attraverso la centrale termoelettrica Elettra, che è annessa allo stabilimento, la possibilità che il Gruppo Arvedi perfezioni il contratto di affitto della Ferriera di Servola opzionandone poi l’acquisto dopo un periodo massimo di due anni. Elettra industrial, la società che gestisce la centrale da 170 megawatt, è proprietà del fondo inglese Hutton Collins che ha sede a Londra al quale la Lucchini l’ha venduta nel 2004. Già tre anni fa però Hutton Collins aveva dato mandato al branch inglese della banca australiana Macquarie di reperire acquirenti per la centrale triestina, oltre che per quella meno potente (60 megawatt) di Piombino. Elettra utilizza i gas residui della Ferriera per produrre energia. Con la risoluzione anticipata degli incentivi statali del cosiddetto Cip6 che è già stata chiesta da Elettra, la proprietà punta a ottenere dal governo la riscossione anticipata di una parte degli sconti, il che potrebbe modificare il “prezzo” della centrale. Elettra è entrata nel mirino di Arvedi perché completerebbe un ciclo combinato integrale che partirebbe addirittura dalla banchina di Servola, strategica per far arrivare le materie prime destinate alle acciaierie in Lombardia.

Il giorno dopo l’annuncio-choc fatto dal commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi martedì a Roma («A Trieste o si perfeziona il contratto con Arvedi entro il 31 agosto, oppure in quella data la produzione si ferma»), dal quartier generale di Cremona non trapela nulla («Non è nella policy aziendale rilasciare dichiarazioni in questi frangenti», dicono dall’ufficio che cura le relazioni pubbliche). I rappresentanti confederali dei metalmeccanici, Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl), Stefano Borini (Fiom-Cgil) e Antonio Rodà (Uilm) dopo una notte da incubo trascorsa in treno per il ritorno a casa da Roma annunciano un’assemblea dei lavoratori «presumibilmente entro lunedì» e in una nota chiedono «la conferma della continuità produttiva degli impianti; l’avvio dei primi interventi di risanamento ambientale rimuovendo i pregiudizi sulla coesistenza di un progetto di riqualificazione industriale con l’avvio di investimenti logistici legati all’industria; la sigla del contratto di affitto con il Gruppo Arvedi entro la fine di agosto per il quale il governo deve sciogliere in tempi rapidissimi la questione relativa al Cip6; il rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) e delle concessioni demaniali; l’attivazione del Tavolo regionale che definisca l’Accordo di programma necessario per beneficiare delle opportunità previste dalla legge sulle aree di crisi industriale complessa e dal Piano europeo per l’acciaio». Anche il sindacato autonomo Failms tramite Cristian Prella esprime preoccupazione perché l’operazione Arvedi è complicata dalla questione di Elettra e dalle aree demaniali (costituiscono due terzi dell’area occupata dalla Ferriera, ndr.), ma alla fine afferma di ritenere l’interessamento «reale e concreto».

In base allo studio completato da Francesco Rosato per conto del Comune, Arvedi continuerebbe a utilizzare l’altoforno mettendo in atto una dismissione graduale della cokeria con lo scopo di importare alla fine il coke per continuare a produrre la ghisa. La banchina verrebbe utilizzata come terminal rinfuse, ma contemporaneamente dovrà esserci l’investimento per la riduzione delle emissioni ambientali. Non un euro invece Arvedi sarebbe disposto a spendere per operazioni di bonifica.

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