Trieste, operaio morto: spuntano due indagati
TRIESTE Due gli indagati per la morte di Stefano Fiorentino, 48 anni, avvenuta lunedì scorso in un capannone all’interno dello stabilimento Wärtisilä di Bagnoli della Rosandra. I nomi sono quelli di Elisa Rossetti de Scander, 27 anni, e di Gianluca Caris, 22 anni.
Si tratta della titolare della Italfer Srl, la ditta di via Ressel di cui l’operaio era dipendente, e del marito che, pur non avendo alcun ruolo societario - secondo gli accertamenti dei carabinieri e dei tecnici dell’antinfortunistica dell’Azienda sanitaria - riveste un incarico di primo piano nell’organizzazione dell’attività della ditta di commercio all’ingrosso e al dettaglio di materiali ferrosi. Il pm Matteo Tripani accusa entrambi di omicidio colposo.
Ma il difensore, l’avvocato Riccardo Cattarini che li assiste assieme alla collega Maria Pia Maier, rileva che al momento «nessuno è in grado di formulare ipotesi concrete su cosa sia accaduto per la semplice ragione che la vittima era da solo e nessuno ha assistito all’incidente».
Insomma, con questi elementi appare chiaro che l’iscrizione nel registro degli indagati dell’imprenditrice e del marito al momento può chiaramente essere interpretata come un atto dovuto in vista dell’autopsia. Che sarà formalmente disposta martedì 13 nella formula giuridica dell’accertamento tecnico non ripetibile e dunque utilizzabile nelle varie fasi processuali. Inoltre, al momento secondo quanto emerso dalle indagini non è stato ravvisato alcun coinvolgimento da parte di Wärtsilä.
Per l’autopsia è stato incaricato dal pm Tripani il medico legale Fulvio Costantinides: avrà trenta giorni di tempo non solo per spiegare attraverso la lettura scientifica dei gravissimi traumi riportati le cause della morte di Stefano Fiorentino ma dovrà anche ricostruire, per quanto possibile, la dinamica dell’infortunio rilevando il nesso di causalità tra i traumi subiti e le risultanze degli accertamenti effettuati dagli investigatori nel corso dei sopralluoghi nel capannone.
Perito nominato dai due indagati è il medico legale Lorenzo Cociani. Ma è ritenuto probabile che all’accertamento tecnico disposto dal pm Tripani partecipi anche un terzo consulente di parte, incaricato dai familiari di Fiorentino. Il punto nodale dell’indagine è rappresentato dalla dinamica. Cioè l’inchiesta punta a far luce su cosa non ha funzionato quel giorno.
Pochi comunque, al momento, gli elementi in mano agli investigatori. È emerso dalla prima ricostruzione che la ditta Italfer, di cui era dipendente Fiorentino, aveva acquistato i rottami dalla Wärtsilä e li stava rimuovendo dal capannone in fase di dismissione.
L’operaio stava lavorando sull’imponente struttura metallica che - da quanto appreso - era stata precedentemente imbragata da lui stesso. Insomma Fiorentino era da solo e stava rimuovendo dal corpo motore il pesante tubo metallico: lo stava lentamente spostando con una gru dopo, appunto, averlo portato a terra. Un’operazione - evidentemente - di particolare complessità.
L’altro dipendente della Italfer presente in quel momento nel capannone si trovava a una certa distanza. Poco lontano, poi, c’erano altri due operai di una ditta esterna, pure impegnati in quei momenti in altri lavori di rimozione dei rottami ferrosi.
Infine, nel capannone che ha una lunghezza di oltre 100 metri, c’erano anche alcuni dipendenti della Wärtsilä che stavano lavorando in un ufficio posizionato all’estremità della struttura stessa e dunque molto lontano dal punto in cui Stefano Fiorentino stava operando in quegli istanti.
Proprio partendo da questo quadro, nei prossimi giorni il pm Tripani si appresta a incaricare un consulente tecnico. Che dovrà fornire un quadro complessivo della dinamica, puntando anche agli aspetti della sicurezza. Come mai, per esempio, Fiorentino era da solo per effettuare un’operazione così delicata?
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