Trieste, offese la titolare tunisina. «Non fu razzismo»

Assolta la dipendente di una sartoria accusata di aver detto alla straniera “Torna da dove sei venuta!” durante un litigio
Foto Bruni 24.06.13 Procura di TS:ascoltato Danilo Narduzzi
Foto Bruni 24.06.13 Procura di TS:ascoltato Danilo Narduzzi

TRIESTE Macchè insulti razzisti. Solo un acceso litigio sul posto di lavoro. Si è conclusa con l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” la vicenda giudiziaria di Ilaria Marani, 35 anni. Era finita come imputata davanti al collegio presieduto da Filippo Gulotta, e composto dai giudici Piero Leanza e Marco Casavecchia, di ingiuria a sfondo razziale. È stata difesa dall’avvocato Giovanni Di Lullo. Le frasi incriminate erano state riferite a Naima Samara, 34 anni, cittadina tunisina, titolare di una sartoria che si trova in via Foscolo, che è stata assistita dall’avvocato Andrea Di Roma. Il pm titolare del fascicolo Giorgio Milillo aveva chiesto la condanna a una sanzione di 1200 euro.

Insulti razzisti contro la titolare tunisina

L’episodio porta la data del 27 ottobre del 2012. Ilaria Marani era una dipendente della sartoria di Naima Samara. Qualche giorno prima l’imprenditrice tunisina aveva deciso di allontanarla dal laboratorio dopo che l’aveva sorpresa per l’ennesima volta con una bottiglia di birra aperta appoggiata sul banco di lavoro. In quell’occasione Naima Samara aveva preso la bottiglia e l’aveva gettata in un cassonetto provocando la reazione della dipendente. Poi il litigio. Dopo poco, alla presenza di un operaio afghano che stava riparando una macchina da cucire, Marani è entrata nel negozio e ha continuato, sempre secondo la denuncia, a insultare la titolare. Le ha attribuito vari “epiteti” come deficiente e così via. E poi ha detto: «Vieni qua a fare la titolare! Chi ti credi d’essere? Tu non mandi via nessuno! Tu pensi di fare la titolare degli italiani? Torna da dove sei venuta!». Nella circostanza Marani, così si legge nella denuncia, aveva prima brandito un metro di legno utilizzato per i lavori della sartoria roteandolo come se volesse colpire la tunisina. Poi, così ha riferito l’imprenditrice, ha afferrato una forbice di grandi dimensioni facendo il gesto di lanciargliela addosso. Ma si è trattenuta.

L’imputata si è sempre proclamata innocente. «Non ho mai detto quelle frasi», ha dichiarato ai giudici. Ha spiegato che la rabbia semmai era stata causata dal fatto che la donna tunisina non l’aveva pagata e che lei si era dovuta rivolgere al giudice del lavoro per ottenere l’ingiunzione di pagamento.

Naima Samara è stata coinvolta recentemente in una vicenda di immigrazione clandestina legata ai permessi di soggiorno. È stata condannata assieme al marito Hatem a quattro anni di reclusione e trentamila euro di multa. Condannato pure a tre anni e 8 mesi Cesare Bossi, 54 anni, fino a qualche anno fa commercialista. Nella vicenda erano stati coinvolti 14 extracomunitari: marocchini, tunisini e bengalesi. Accomunati dai permessi facili, facilissimi. Ilaria Marani ha avuto vari guai connessi allo spaccio di droga. Nel 2006 era stata bloccata a Rabuiese. Era appena rientrata da Isola dove si era andata a rifornire. Aveva un etto di eroina diviso in tre piccole confezioni. Gli agenti l’avevano pedinata tenendo sotto controllo il suo telefonino.

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