Trieste, muore schiacciato da una trave alla Wärtsilä

Coinvolto un triestino di 48 anni, operaio di una ditta esterna, la Italfer. A provocare il decesso un grave trauma da schiacciamento agli arti inferiori. Immediata la reazione sindacale, non solo a Trieste

TRIESTE. Morire a 48 anni sul posto di lavoro, schiacciato da una pesantissima barra di metallo. È accaduto ieri mattina, 5 giugno, all’interno dello stabilimento Wärtsilä di Bagnoli della Rosandra.

Vittima un operaio specializzato, Stefano Fiorentino, dipendente di una ditta esterna, la Italfer di via Ressel in zona industriale, incaricata di rimuovere macchinari e materiali da un capannone in fase di dismissione.

L’uomo è deceduto poco dopo il trasferimento all’ospedale di Cattinara: le lesioni riportate agli arti inferiori e al bacino si sono rivelate purtroppo fatali. Il pm Massimo De Bortoli ha subito aperto un’inchiesta per far luce sull’episodio, disponendo l’immediato sequestro della struttura. Il tragico infortunio sul lavoro - l’ultimo, purtroppo, di una lunga serie registrata in città nel corso degli ultimi anni -, si è verificato attorno alle 11.



Fiorentino, un operaio carpentiere con lunga esperienza alle spalle, stava lavorando all’interno di un capannone in fase di svuotamento, un tempo chiamato spazio di «media meccanica». Il suo compito era appunto quello di rimuovere materiali e attrezzature dall’area, destinata secondo i piani della Wärtsilä ad essere venduta insieme a buona parte del comprensorio di Bagnoli.

La dinamica dell'incidente. Ad un tratto, per causa che ora andranno chiarite, un pesantissimo tubo di metallo di forma quadrata, di quelli che collegano i condotti di aerazione dei motori delle navi, ha iniziato ad ondeggiare sempre più pericolosamente sotto il braccio della gru come una micidiale e terribile altalena. E alla fine, quella putrella del peso di svariate tonnellate è precipitata a terra, colpendo l’operaio che si trovava sotto.

L’impatto è stato devastante. Immediata si è messa in moto la macchina dei soccorsi. Sul posto, chiamato dai colleghi di Fiorentino, è arrivato il medico di fabbrica che si è reso immediatamente conto della gravità della situazione. Il carpentiere, secondo le prime ricostruzioni, non ha perso i sensi ed è rimasto vigile durante il primo intervento sanitario. Tant’è che, all’inizio, il codice dell’intervento dei sanitari del 118 era stato il giallo. Quindi grave ma, almeno sulle prime, non urgente. Quando però l’equipe dei soccorritori è arrivata nel capannone «Media meccanica», la situazione è apparsa in modo molto più grave. Fiorentino è stato “liberato” dal peso del tubo che lo aveva schiacciato. E in quel momento ha avuto un arresto cardiaco.

Inutili i soccorsi. I sanitari lo hanno sottoposto a una terapia d’emergenza. Per oltre mezz’ora è stato rianimato finché il suo cuore debolmente ha ripreso a battere. Poi in ambulanza la corsa disperata all’ospedale di Cattinara dove però il cuore, dopo pochi minuti dall’arrivo, ha ceduto. E non è più ripartito nonostante gli sforzi dei medici. «Lo schiacciamento agli arti inferiori provocato dalla putrella che l'ha colpito era troppo grave e purtroppo non è stato possibile salvarlo», ha riferito in seguito dice il direttore della Struttura Centrale 118, Vittorio Antonaglia. Ben presto la notizia del grave infortunio ha fatto il giro dello stabilimento di Bagnoli, e si è diffusa anche all’esterno.

«Mi sono precipitato appena appresa l’informazione - racconta turbato il sindacalista della Fim Cisl Roberto Pizzin -. Sono arrivato nel “Media meccanica” che c’erano ancora gli uomini del 118. All’inizio quell’uomo era cosciente , ma poi è andato in arresto cardiaco...».

La reazione dei sindacati. La conferma della morte, avvenuta come detto poco dopo la corsa in ospedale, ha a quel punto spinto gli operai dello stabilimento di San Dorligo a interrompere i loro turni e a scendere immediatamente in sciopero, aderendo così all’agitazione proclamata dai rappresentanti sindacali.

I parenti della vittima. Disperati i familiari dell'operaio di appena 48 anni, che peraltri pochi conoscevano all’interno della Wärtsilä, essendo dipendente di una piccola ditta esterna. «Siamo disperati - si limita a riferire al telefono il fratello, titolare di un laboratorio da calzolaio a Valmaura -. Vogliamo capire perché. Nessuno finora ci ha spiegato come è morto Stefano». Bocche cucite tra i datori di lavoro dell’operaio deceduto. Al telefono della ditta Italfer srl risponde la titolare Elisa Rossetti de Scander: «Nessuna dichiarazione sull’episodio - taglia corto -. Non abbiamo alcun commento da fare».  

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