Trieste, mossa bipartisan “salva Pirona” in Comune

TRIESTE Tutti uniti in Comune sulla salvaguardia della Pasticceria Pirona o, almeno, dei suoi arredi. La questione diventa politicamente trasversale, con il sindaco Roberto Dipiazza che gioca di sponda con il Pd, facendo propria una mozione presentata dal consigliere dem Giovanni Barbo.
Intanto qualcosa pare muoversi sotto traccia, se il capogruppo di Fi Piero Camber si dice «molto ottimista sulla possibilità di trovare una soluzione» sul mantenimento in vita di Pirona, limitandosi ad un «non fatemi dire di più: stiamo lavorando». Dipiazza smorza però i sentimenti degli speranzosi: «La corrente di pensiero è il “tenere tutto lì” ma ragiono da imprenditore, che sa che il conto economico di un’attività deve quadrare. Abbiamo messo a disposizione risorse attraverso la Fondazione CRTrieste per rilevare gli arredi e il Magazzino 26 del Porto vecchio per conservarli. Salviamo i mobili, ma non possiamo costringere il proprietario dei muri a fare quello che vogliamo noi, vincolando l’immobile. Dopo il vincolo, cosa accadrebbe? Chi terrebbe aperta l’attività?».
La mozione punta non a caso l’attenzione sulla necessità di salvaguardare il mobilio e conservarlo in luogo consono. D’altronde, spiega lo stesso Barbo, «quando ho depositato il testo non sembravano esserci all’orizzonte altre soluzioni: sono il primo a ritenere che sarebbe ottimale mantenere Pirona dov’è oggi». Dopo l’apertura di Dipiazza, il Comune si mobiliterà dunque con altre istituzioni per «ricreare in una collocazione adeguata gli ambienti della pasticceria». Non manca poi un colpo alla Soprintendenza, cui verrà chiesto per le vie ufficiali per quale ragione abbia deciso di non vincolare gli arredi, come fatto in precedenza con altri locali storici.
Barbo nota però che le cose «non si risolvono con un semplice vincolo: bisogna generare una relazione positiva fra commercio e luoghi storici, attirando turisti per rendere sostenibile l’attività economica del locale storico». Intanto la politica discute.
L’assessore alla Cultura Giorgio Rossi esclude si possa salvaguardare il locale e pensa a una collocazione definitiva presso «il Joyce Museum di Trieste o il futuro museo della città». Camber non apprezza però lo spostamento: «Diventerebbe un falso: il bene vale nel contesto in cui è nato. Dobbiamo cercare qualcuno che subentri nell’attività, lasciando le cose come sono. Sono molto ottimista sulla possibilità di trovare una soluzione».
Per Paolo Menis (M5S), «gli ex proprietari hanno fatto di tutto per poter cedere l’attività, cercando che rimanesse aperto il locale storico. Non possiamo accusarli di aver svenduto questo patrimonio. Il problema vero è che molti commercianti chiudono a causa di una tassazione troppo elevata». Roberto De Gioia (Verdi Psi) invita infine a «verificare la possibilità di tenere gli arredi nella collocazione originaria o utilizzarli in futuro in qualche esercizio commerciale del Porto vecchio. Non si può disperdere la testimonianza della storia della città e del suo commercio».
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