Trieste: morto in sala operatoria, tre a processo

Si tratta dei due cardiochirurghi e dell’infermiera sotto accusa per il decesso di Franco Geromet. Udienza il 3 maggio

Sono tre - i due cardiochirurghi e l’infermiera strumentista - i presunti responsabili della morte di Franco Geromet, 48 anni, l’uomo originario di Staranzano morto il 18 agosto 2014 nella sala operatoria di Cardiochirurgia a Cattinara. Lo indica il gip Guido Patriarchi che - accogliendo le richieste del pm Matteo Tripani - ha disposto il rinvio a giudizio. I nomi sono quelli dei cardiochirurghi Elisabetta Rauber, 49 anni, e Alessandro Moncada, 38, e della infermiera strumentista Elena Maghet, 35. L’accusa è quella di omicidio colposo. Sono difesi dagli avvocati Claudio Vergine, Riccardo Seibold, Alfredo Antonini, Luca Maria Ferrucci e Lorella Marincich. Che non hanno chiesto alcun rito alternativo puntando a quello ordinario, fatto di udienze pubbliche e di testimoni in aula.

I tre imputati compariranno infatti all’udienza dibattimentale davanti al giudice Francesco Antoni, calendarizzata per il prossimo 3 maggio. Nel corso dell’udienza a porte chiuse che si è prolungata per oltre quattro ore, il gip Patriarchi ha accolto la costituzione di parte civile da parte di Luana Miani, vedova di Franco Geromet. È assistita dall’avvocato Emanuele Locatelli. Il giudice ha invece rigettato la richiesta di sequestro conservativo dei beni personali del cardiochirurgo Alessandro Moncada, depositata nel corso della scorsa udienza del 15 dicembre dall’avvocato Riccardo Cattarini che assiste la madre e le sorelle di Geromet: il motivo è che nel frattempo è stata consegnata al gip la copia della polizza dell’assicurazione che copre il risarcimento. In un primo momento tale istanza aveva riguardato anche la cardiochirurga Eisabetta Rauber e la strumentista Elena Maghet ma poi è stata ritirata dallo stesso avvocato.

Non c’è dubbio che nelle decisioni del gip Patriarchi abbiano sostanzialmente prevalso le conclusioni della perizia del professor Maurizio Rubino, viceprimario del reparto di Cardiochirurgia di Padova, e dell’anestesista Eugenio Serra, pure padovano, i consulenti incaricati dal gip Giorgio Nicoli nella prima fase istruttoria. In quell’occasione era emerso che a commettere materialmente il fatale errore di rimuovere i markers identificativi del circuito della macchina cuore-polmoni agganciata al corpo di Franco Geromet era stata la strumentista che, come ha poi rilevato il pm Tripani nell’avviso di chiusura delle indagini, «nel tagliare il filtro del circuito rimuoveva anche i markers colorati identificativi posti sulle estremità dei tubi».

I due cardiochirurghi sono stati tirati in ballo perché avrebbero dovuto verificare l’operato dell’infermiera (quello del 18 agosto era il suo primo intervento da strumentista in sala operatoria, perché fino a poco tempo prima lavorava nella farmacia) sia durante le operazioni di cannulazione, prima dell’avvio della macchina cuore-polmoni, sia in seguito e cioè quando si sono manifestate gravi anomalie conseguenti all’inversione dei flussi ematici arterioso e venoso. Come dire: bisognava controllare e soprattutto prevenire eventuali errori diventati tragici.

Franco Geromet era entrato nella sala operatoria di Cardiochirurgia dell’ospedale di Cattinara per effettuare un intervento di applicazione di un by pass aorto-coronarico. Qualcosa, però, nella fase preliminare dell’operazione definita di routine, era andato per il verso sbagliato. E nessuno al momento lo aveva capito. All’improvviso si era verificato infatti un problema tecnico relativo alla connessione delle cannule di collegamento della macchina cuore-polmoni al sistema circolatorio del paziente. L’intervento in anestesia totale prevedeva l’attivazione del macchinario. Ma l’anossia si rivelò fatale, proprio mentre i chirurghi stavano iniziando a incidere il torace. L’intervento vero e proprio poi non potè proseguire per quelle complicanze gravi insorte nella fase preliminare. E non ci fu più nulla da fare per Geromet. Ora il processo.

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