Trieste, morì dopo l’incidente: medici nei guai

Un banale incidente tra uno scooter e un furgoncino. Erano le 15 del 7 luglio di due anni fa. Al momento quello accaduto all'incrocio tra via Roma e via Valdirivo era apparso un sinistro senza gravi conseguenze, uno dei tanti incidenti che spesso accadono in città. Ma dopo 40 giorni il motociclista è morto all'ospedale di Cattinara. Si chiamava Francesco Vassillich e aveva 65 anni. Era stato ricoverato in vari reparti ma il suo malessere era stato attribuito a una forma di depressione. In realtà aveva un grosso edema cerebrale scoperto dalla Tac troppo tardi. Il cervello era già compromesso.
Per questa vicenda tragica tre medici della divisione ortopedica dell'ospedale di Cattinara sono accusati di omicidio colposo. Non avrebbero impedito il decesso dell’uomo sottoponendolo con adeguata tempestività all'esame della Tac successivo a quello effettuato al momento dell’arrivo in ospedale. I nomi sono quelli di Paolo Cau, 52 anni; Enzo Bossi, 50 anni e Alberto Velinsky, 35 anni. Il pm ha chiesto il rinvio a giudizio. L’udienza preliminare è stata fissata per martedì 25 davanti al gip Raffaele Morvay.
Dalla ricostruzione degli accadimenti precedenti alla morte è emerso che il dottor Paolo Cau, aveva sottoposto il paziente a cinque visite specialistiche, il dottor Bossi, a otto visite e il dottor Velinsky, il terzo lo aveva controllato una volta sola nel periodo di degenza. (Sono difesi dagli avvocati Francesca Todone, Riccardo Seibold, Guido Fabbretti e Marco Fazzini). Ma nessauna delle visite aveva evidenziato le consueguenze di quell’incidente. Infatti secondo gli accertamenti disposti dal pm Tripani solamente il 3 agosto era stato richiesto, non in via d’urgenza, l’esame della Tac cerebrale. Questo in presenza di una specifica sintomatologia riferita non solo dai congiunti di Vassillich ma anche dagli infermieri del reparto: cefalea refrattaria al trattamento con analgesico, nausea, vomito, disturbi visivi, torpore. Tutti sintomi che indicano la formazione di un ematoma.
Dopo la morte dello scooterista i famigliari tramite l'avvocato Luca Vecchioni hanno presentato un pesante esposto in procura. Secondo la loro versione, se i medici della divisione ortopedica avessero disposto in tempi brevi l'esame della Tac, avrebbero potuto salvarlo. Nell'esposto viene ripercorsa la tragica storia clinica di Vassillich. Al pronto soccorso gli era stato diagnosticato un trauma toracico e al bacino e gli era stata effettuta una Tac all'addome e al cranio. Poi l’uomo era stato ricoverato nel reparto di terapia intensiva dove era rimasto fino al 16 luglio per essere trasferito alla divisione ortopedica. I problemi sempre più gravi sono iniziati però il 24 luglio. Vassillich manifestava - come detto - mal di testa ricorrenti, vomito, inappetenza, disturbi della vista e sonnolenza. La risposta, rilevano nell'esposto i familiari, era stata che si trattava «di un problema d'ordine psicologico-depressivo». Ma il 4 agosto Vassillich ha perso conoscenza poi ha avuto un arresto cardiorespiratorio. Finalmente era stato trasferito in terapia intensiva e tre giorni dopo gli è stata effettuata una Tac dalla quale era risultato che il 50 per cento del cervello era stato ischemizzato. Poi l'uomo è entrato in coma profondo e la morte è avvenuta giovedì 13 agosto. Dopo la denuncia il pm Tripani ha disposto il sequestro della cartella clinica e ha avviato i primi accertamenti effettuando alcuni interrogatori. Poi ha disposto una serie di accertamenti tecnici, tra cui l’autosia affidandola al medico legale Fulvio Costantinides. All'autopsia erano presenti anche i consulenti degli ortopedici e del conducente del furgone. Si tratta dei medici legali Raffaele Barisani, Enrico Belleli, Carlo Moreschi e Pier Riccardo Bergamin.
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