Trieste, “minievasione” al bar: la Finanza tira dritto
TRIESTE Fa il giro dei media nazionali e approda anche in Parlamento il caso della multa al barista di piazza Garibaldi. Stefano Karis, titolare del bar “Gianni”, si era lamentato pubblicamente sul proprio profilo Facebook di aver ricevuto dalla guardia di finanza una contestazione per un errore su uno scontrino.
Avrebbe battuto una ricevuta fiscale per un caffè semplice da 1 euro, anziché quello da 1,10 per il decaffeinato consumato dal cliente. Una differenza di appena 10 centesimi, tanto sarebbe bastato per far partire il verbale.
Ma le Fiamme gialle, che in un primo momento avevano preferito mantenere il riserbo sulla vicenda, ribaltano totalmente la versione fornita dal commerciante. «Il signor Karis è stato sorpreso personalmente da uno dei due finanzieri mentre incassava i soldi senza rilasciare alcunché», afferma il comandante provinciale, il generale Giovanni Padula.
In un nota ufficiale la guardia di finanza chiarisce, infatti, che il rilievo al commerciante «non riguarda differenze di importo tra un tipo di caffè e un altro, (dunque non i 10 centesimi, ndr) bensì la mancata emissione dello scontrino». Una circostanza, questa, «emersa a seguito di un rilevamento diretto all’interno del locale». Un finanziere, dunque, che ha pizzicato il barista.
L’ha colto in flagrante. «Dopo aver visto il cliente pagare e allontanarsi senza scontrino - aggiunge il comunicato - il finanziere ha avvertito l’altro collega fuori dal bar. Da un successivo controllo, il cliente non ha esibito la ricevuta fiscale e nemmeno sul bancone sono stati rinvenuti scontrini di un valore dell’importo, di 1 euro o 1,10, emessi in quel lasso di tempo».
Una ricostruzione nettamente diversa da quella del barista che, non appena si è visto contestare il fatto, si è sfogato su Facebook pubblicando anche una foto del verbale. La finanza, inoltre, precisa che il commerciante non rischia la sospensione dell’attività; che scatta, invece, in seguito a quattro violazioni ripetute nell’arco di cinque anni. La decisione su un’eventuale sanzione spetta invece all’Agenzia delle entrate.
Ma l’operazione scatena le polemiche anche a livello parlamentare. «Italia Paese dei paradossi in cui prevale sempre la stessa regola: i semplici cittadini vengono vessati mentre per i potenti scattano tutte le tutele», tuona Federico D’Inca, capogruppo M5S alla Camera.
«Mentre la Procura indaga i vertici di Banca Etruria, e quindi anche il padre del ministro Boschi, perché dava una buonuscita milionaria all’ex amministratore delegato proprio quando l’istituto stava per crollare e rovinare migliaia di risparmiatori - rileva - a Trieste un barista rischia la rovina a causa di un errore veniale.
Abbiamo il condannato Verdini in Parlamento che tiene in piedi il governo, banchieri a piede libero anche se hanno agito contro gli interessi dei loro clienti, e lo Stato però si accanisce per 10 centesimi. Ci domandiamo che Paese è quello nel quale i corrotti hanno il posto d’onore nel governo mentre chi si alza alle sei di mattina per alzare la saracinesca viene trattato come un malvivente».
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