Trieste, minaccia con il coltello la madre disabile
TRIESTE Maltrattamenti continui alla madre anziana, fino a minacciarla con un coltello alla gola. Sono accuse pesanti quelle a cui dovrà rispondere il figlio, il quarantaseienne Massimo Bisiacchi. Il pubblico ministero Federico Frezza ha disposto a suo carico una richiesta di rinvio a giudizio. L’udienza si terrà il prossimo anno, il 7 marzo, davanti al gup Luigi Dainotti.
I reati contestati, ma categoricamente smentiti dal legale dell’indagato, si riferiscono a diversi episodi. L’uomo, secondo gli accertamenti del pm, alloggiava nell’abitazione della mamma, in via Cesare Dell’Acqua, nonostante il suo dissenso e rifiutando di andarsene via. Si tratta peraltro di una donna con disagio, interdetta e affidata alla tutela di una giovane parente.
Una convivenza evidentemente difficile quella tra la madre e il figlio: Massimo Bisiacchi l’avrebbe trattata male, ripetutamente, fino a usare le mani. L’avrebbe picchiata. In una circostanza, che aggrava la posizione giudiziaria dell’imputato, il quarantaseienne avrebbe pure puntato un coltello al collo della madre. A cui, peraltro, non era neppure consentito accedere ad alcune stanze dell’appartamento. I fatti, tutti da dimostrare in Tribunale, si riferiscono all’intero 2016 e fino a marzo di quest’anno.
Massimo Bisiacchi, inoltre, è accusasto anche di ricettazione: è stato trovato in possesso di un portafoglio nero con all’interno una patente e tre bancomat smarriti dal legittimo proprietario e che avrebbe ricevuto da un’altra persona. L’avvocato Astrid Vida, che difende Bisiacchi, scuote il capo: «Nulla di vero - obbietta il legale - quanto descritto non corrisponde assolutamente a verità. Sono beghe famigliari, è tutto infondato». La denuncia, a sentire l’avvocato Vida, è partita proprio dalla tutrice. Una parente con cui Bisiacchi non ha buoni rapporti.
«La questione è delicata, anche perché non ci sono prove - rileva il legale - la storia quindi non sta in piedi, a cominciare dal fatto che la denuncia è stata presentata da una persona, la parente appunto, che non ha assistito ad alcun episodio. Non li ha visti. E poi - insiste Vida - a fronte di tutto questo, a cominciare dalle presunte percosse, non c’è alcun certificato medico e nemmeno un verbale delle forze dell’ordine».
Per quanto riguarda il coltello «c’è tutta un’altra spiegazione e molto banale - puntualizza l’avvocato - semplicemente il mio assistito stava cucinando e ha detto alla mamma, che ha evidenti problemi psicologici, di stare attenta a non avvicinarsi troppo. E non minacciandola, ma solo avvertendola di fare attenzione. Non le ha puntato nulla. L’ha messa all’erta avvisandola. Stiamo parlando, ripeto, di un fatto riferito da una persona interdetta alla parente. Non c’è nulla di vero».
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