Trieste, messi in fuga gli investigatori di punta
L’effetto alla fine sarà devastante. Per una banale “soffiata”, su un caso peraltro chiuso con il colpevole in cella e quindi con possibilità zero di pregiudicare le indagini, Trieste rischia di perdere i suoi investigatori di punta. Due numeri uno. Il capo della squadra mobile Roberto Giacomelli e il capitano Fabio Pasquariello, comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di via dell’Istria. Secondo quelle che ormai sono più che indiscrezioni, sono destinati ad altri incarichi in altre città. Un fuggi-fuggi generale più che una cacciata, una soluzione quasi inevitabile di fronte a una situazione che non lascia intravedere vie d’uscita. Non appena ricevuto l’avviso di garanzia Fabio Pasquariello aveva chiesto il trasferimento per incompatibilità ambientale. E lo otterrà entro poco tempo, si dice che possa andare a comandare la Compagnia di una località friulana ma non Udine. Un chiaro declassamento o una punizione per una fervida mente investigativa, capace di risolvere i gialli di Lignano e di Udine. Ma a Trieste sembrava un po’ sacrificato a prescindere da questo piccolo incidente di percorso, qui era considerato una presenza ingombrante. Il suo spirito di iniziativa non piaceva a tutti in via dell’Istria.
Per Giacomelli, invece, è più di una ipotesi il suo trasferimento allo Sco (Servizio centrale operativo) di Roma. In apparenza una promozione, in realtà un modo elegante per toglierselo dai piedi. Subito una grana per il nuovo questore Antonio Maiorano e una grave perdita per la città. Giacomelli e Pasquariello sono due investigatori moderni, un passo avanti agli altri. Hanno capito da tempo che polizia e carabinieri devono anche fare marketing ossia promuovere la loro attività anticrimine, e tenere buoni rapporti con la stampa. Il capo della Mobile aveva seguito anche un corso di comunicazione con Maurizio Costanzo. Dovrebbe essere finito da tempo il periodo in cui i cronisti venivano lasciati fuori dalla porta a fare lunga anticamera. L’ex questore Padulano lo aveva capito già venti anni fa (alla mobile riceveva tutti con gentilezza), Mastelloni è più riluttante.
I due investigatori sono stati accusati dal procuratore capo Carlo Mastelloni e dal pm Antonio Miggiani di violazione del segreto d’ufficio assieme al giornalista del Piccolo Corrado Barbacini. Lo avevano aiutato a ricostruire un fatto di cronaca, nella fattispecie uno stupro, compiuto in agosto da un africano ai danni di una sessantenne. Nè Giacomelli nè Pasquariello sono due sprovveduti, anzi, avevano fornito qualche elemento a Barbacini quando ormai la breve inchiesta era finita, ma il loro torto era stato quello di non chiedere l’autorizzazione alla Procura. La triangolazione Giacomelli-Pasquariello-Barbacini era stata svelata in modo incontrovertibile da una serie di intercettazioni chieste da Mastelloni e autorizzate dal gip. Mentre quest’estate bande di ladri depredavano case, ville e locali pubblici gli inquirenti - è ancora possibile esercitare il diritto di critica in questo Paese - destinavano preziose risorse (uomini e soldi) per intercettarli peraltro con modesti risultati. Per l’unico caso scottante riportato in superficie (il delitto Giraldi dopo undici anni di oblio) la Procura non è riuscita a incastrare i “pusher” di Barbacini per il semplice motivo che sia Giacomelli che Pasquariello avevano tenuto le bocce cucite. Esistono però le fonti alternative grazie alle quali erano emersi un nuovo contesto criminoso e il nome di un nuovo indagato (Antonio Fiore). E difatti, per aver raccontato ai lettori questo episodio è accusato il solo giornalista del Piccolo del quale in Procura ormai sanno anche se ordina la pizza con supplemento olive e origano (lo hanno tenuto d’occhio mentre cenava con Giacomelli al Peperino, praticamente a un passo da Casa Mastelloni) e se alla fine del pasto assieme al caffè si concede il limoncello. Su chi poi ha pagato il conto c’è il segreto istruttorio... In realtà c’è ben poco da ridere.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo