Trieste, maxi multa per un assegno incompleto
TRIESTE Si dimenticano di scrivere “non trasferibile” su un assegno e si trovano nella cassetta della posta una lettera del ministero con una multa da 6 mila euro. Una multa peraltro destinata a raddoppiare. È successo a una coppia di triestini, dopo analoghi casi segnalati in varie regioni italiane in seguito all’introduzione delle nuove norme nazionali anti-riciclaggio e anti-terrorismo. È proprio questo il pasticcio in cui i coniugi si sono cacciati senza saperlo: gli effetti delle misure varate dallo Stato per contrastare il traffico di soldi della criminalità.
È il 7 dicembre dell’anno scorso quando la cinquantatreenne Rosanna Ravbar, impiegata comunale, decide di passare al marito Franco Sossi, cinquantacinque anni, 3 mila euro. La somma, che sarebbe stata poi versata sul conto del compagno (di cui la donna ha la delega), serve per contribuire all’acquisto di un’automobile usata. Per portare a termine l’operazione, la signora scarta l’idea dei contanti e del bonifico online, per il quale la coppia aveva superato il limite mensile; Rosanna si serve quindi di un libretto di assegni Unicredit che tiene in cassetto da anni. Quando il marito va a incassare in banca, al Credito cooperativo del Carso, nessuno obietta nulla. Allo sportello evidentemente non si accorgono della dimenticanza. «Infatti - spiega Ravbar - sembrava tutto normale».
Due mesi dopo ecco la sorpresa. La ragioneria dell’ufficio anti-riciclaggio di Udine e Pordenone, che fa capo al ministero dell’Economia, contesta un’infrazione: «La S.V. - si legge nel documento recapitato - si è resa responsabile della violazione dell’art. 49, comma 5 del decreto legislativo del 21 novembre 2007 n°231, modificato e integrato dal decreto legislativo del maggio 2017 n°90, per aver trasferito la somma di euro 3.000 a mezzo di assegno bancario privo della clausola di non trasferibilità». Il riferimento è alla legge che attua una direttiva Ue in tema di prevenzione dei sistemi finanziari impiegati per il riciclo del denaro proveniente dalle attività criminali e per il finanziamento del terrorismo.
Rosanna Ravbar sulle prime non ci capisce molto. Ma ciò che le fa fare un balzo sulla sedia è la riga sotto: «Tale infrazione - aggiunge l’ufficio - è punibile con l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 50.000...». Si può immaginare lo stupore della cinquantatreenne. Subito dopo l’ufficio precisa che è possibile «definire» il procedimento amministrativo «con un versamento di 6.000 euro». La ragioneria propone un’oblazione da pagare entro 60 giorni dalla notifica dell’atto di contestazione. Stando alle norme, lo stesso trattamento spetterà pure alla controparte, cioè il marito. Sono 12.000 euro in tutto. Alla coppia viene data la possibilità di fare ricorso. Lo puntualizza la stessa ragioneria. «Qualora si decida di non avvalersi dell’oblazione, entro trenta giorni potranno essere inviate le deduzioni difensive comprovate da idonea documentazione e potrà essere richiesta un’audizione personale». Per i coniugi, come si può immaginare, è un’autentica mazzata. Rosanna e il marito si sono rivolti a un legale, l’avvocato Roberto Corbo. Anche perché, come accennato, sono molti i cittadini incappati in situazioni simili.
Ma qualcosa a livello nazionale sembra muoversi, a partire da un pressing romano avviato nei giorni scorsi per sbloccare il problema delle maxi-sanzioni per i piccoli importi comminate a chi commette banali errori di compilazione. In attesa di risposte da Roma, la famiglia triestina non dorme di certo sonni tranquilli. «La cifra è enorme - osserva ancora la signora - e quella legge è ingiusta e incompleta perché non prevede la proporzionalità della multa sull’entità della somma trasferita. E noi siamo trattati come dei criminali. Pazzesco».
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