Trieste, massacrati di botte all’osteria. Ex pugile condannato a 5 anni

Luca Movio ritenuto colpevole di lesioni gravissime per aver colpito due fratelli in una rissa a San Giacomo
Il buffet “Cinque porte” all’angolo tra via San Marco e via Broletto
Il buffet “Cinque porte” all’angolo tra via San Marco e via Broletto

TRIESTE Cinque anni di galera per una gragnuola di pugni dirompenti. Colpi che hanno causato lesioni gravissime. Sono i diretti “sparati” da Luca Movio, 43 anni, ex pugile, contro due amici di bevute che si erano disperatamente difesi in una rissa spaventosa che era durata tutta una notte alla fine del maggio del 2015.

Il ring, fulcro dell’episodio che da quanto si è saputo si era sviluppato anche in strada, era stato il buffet “Cinque porte” di San Giacomo. I cinque anni di reclusione li ha inflitti ieri mattina, al termine del processo celebrato con rito abbreviato, il gup Guido Patriarchi: una condanna pesante se si pensa che questo rito alternativo prevede lo sconto di un terzo della pena. Movio è stato difeso dall’avvocato Antonio Baici, che ha sostenuto tra l’altro che l’azione dello stesso Movio fosse stata innescata da una provocazione.

Ma il giudice, che ha accolto le richieste del pm Antonio Miggiani, ha anche disposto una provisionale immediatamente esecutiva di 45 mila euro per Fabio Gargiulo e di 10 mila per il fratello Maurizio, entrambi assistiti dall’avvocato Keti Muzica.

Il primo, finito in Rianimazione, a causa di quei pugni aveva subito una copiosa emorragia cerebrale, fratture multiple in corrispondenza di orbita sinistra, tibia e ileo. Quei pugni gli avevano addirittura compromesso la funzionalità della vista.

Trieste, ex pugile sotto accusa per la rissa
Silvano Trieste 28/05/2015 Via San Marco

Il secondo aveva subito lesioni guaribili in 30 giorni. I diretti di Movio gli avevano causato un trauma cranico facciale con frattura delle ossa nasali e del pavimento dell’orbita. Disposta anche la trasmissione in Procura degli atti relativi alla testimonianza di un altro avventore presente alla scena, Giovanni Manente.

L’allarme - stando alle ricostruzioni di quel giorno - era scattato alle 7 del mattino del 30 maggio del 2015, quando Maurizio Gargiulo era stato trovato sulla porta del locale di San Giacomo. Era gonfio di botte, sanguinante e fuori di sé. Era stramazzato ai piedi del bancone del buffet appena aperto, e dunque ancora deserto, con dentro il solo barista.

Vi si era infilato, sfinito, come a voler cercare disperatamente un rifugio. «Proprio a quell’ora - aveva raccontato a caldo il barista al Piccolo - stavamo aprendo il locale. Noi iniziamo più tardi di altri da queste parti poiché la notte lavoriamo fino a tarda ora - aveva poi spiegato -. Ho sollevato la saracinesca, sono entrato per spegnere l’allarme e accendere le luci.

Il tempo di farlo e, al momento di girarmi, me lo sono trovato di fronte, insanguinato, caduto praticamente di faccia. Ho cercato di aiutarlo, di sollevarlo, non si reggeva, gli ho chiesto come stava, mi ha risposto che aveva forti dolori da più parti. Non ci è sconosciuto, è un avventore, che di solito però, se viene, viene la sera, non al mattino. Abbiamo chiamato subito il 118. È arrivata così un’ambulanza, seguita quindi dalla volante».

Ma, dopo giorni e giorni di indagini della Squadra mobile, il colpo di scena, che aveva fatto emergere una verità fatta di pugni non solo in mezzo alla strada. Era appunto scattato l’arresto - richiesto dallo stesso pm Miggiani e disposto subito dal gip Giorgio Nicoli - di Luca Movio, ex pugile seguito dal Dipartimento di salute mentale.

Quella mattina, si è poi saputo, era arrivato al Pronto soccorso di Cattinara in gravissime condizioni con un trauma cranico-facciale e la frattura a una gamba. E così in breve la storia “riemersa” da quella violenta nottata - a seguito della quale il questore aveva disposto la chiusura temporanea del locale - non aveva annoverato una sola vittima, bensì tre.

C’erano i due fratelli Gargiulo, picchiati a sangue, che si erano però anche difesi, ma anche Movio, che nel parapiglia qualche pugno lo aveva incassato a sua volta. Tutto era successo alla presenza di un altro testimone (Giovanni Manente) incolume, ma altrettanto confuso per i bicchieri scolati quella sera, riguardo al quale, il gup ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura su istanza dell’avvocato di parte civile. Determinanti nelle indagini degli investigatori diretti da Marco Calì erano state anche le molte deposizioni rese dagli abitanti del posto.

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