Trieste, maggioranza a pezzi sul Piano regolatore
Martedì sera in Consiglio comunale i voti di Fli e Lega mandano in minoranza la giunta. Cosolini: devono dimettersi. In discussione c’era una delibera consiliare che avrebbe certificato l’esistenza del nuovo studio geologico e la sua ”trasmissione” alla Regione
Il sindaco Dipiazza
TRIESTE. Piano regolatore generale comunale. Prgc. Piano, appunto. Piano. Non c’è fretta. La politica triestina sembra essersi bloccata sulla prima parola. E il Piano non procede. Va avanti e indietro. Il numero della variante, la 118, non prometteva bene fin dall’inizio. Un numero da pronto soccorso. E gli infortuni a questo Prgc non sono mancati. L’ultimo è avvenuto l’altra sera in Consiglio comunale. Una fermata a sorpresa che ha mandato in frantumi quello che resta della maggioranza di centrodestra. In discussione c’era una banale ”presa d’atto”. Una delibera consiliare che avrebbe certificato l’esistenza del nuovo studio geologico (elaborato il 15 settembre scorso) e la sua ”trasmissione” (proprio così) alla Regione. Nulla di trascendentale. Una ”presa d’atto” propedeutica alla riadozione e all’approvazione del Prgc variante 118. Ordinaria amministrazione. Tanto che prima del Consiglio l’opposizione di centrosinistra non escludeva una ”astensione” natalizia. Un piccolo regalo al sindaco Roberto Dipiazza all’ultimo Natale sul più alto scranno del Municipio. E, infatti, lui si è presentato puntale in aula a ritirare il regalo e a fare gli auguri.
A rovinare la festa ci ha pensato il solito Bruno Sulli, esponente di Un’Altra Trieste, che ha presentato una mozione d’ordine (come è nella tradizione della destra) chiedendo il rinvio in Commissione del nuovo studio geologico visto che nessuno in Consiglio l’aveva visionato. In pratica si trattata di una ”presa d’atto” al buio. «Io voglio votare quello che vedo. Non voto alla cieca», spiega Sulli. Così la sua mozione di rinvio alla Commissione urbanistica è stata messa in votazione palese.
Il risultato? Incredibile: 23 voti favorevoli, 14 contrari, un ”non votante”. La maggioranza disintegrata. Dissolta come neve al sole. Fedeli al sindaco Dipiazza, che ha votato contro il rinvio, sono rimasti una pattuglia di pidiellini capitanati da Piero Camber, la Lista Dipiazza, il repubblicano Sergio Pacor (presidente del Consiglio), l’Udc Roberto Sasco (che ha votato solo per dovere di squadra), Di Tora e Minisini del gruppo misto. Attorno alla mozione di Sulli si è coagulata una strana maggioranza: oltre all’opposizione (Pd, Rifondazione, Cittadini, Lista Rovis e Verdi) si sono ricompattati i ”nemici per la pelle” (un passato comune in An), Un’altra Trieste di Franco Bandelli e la ricostituita An. La Lega - presente il solo capogruppo Maurizio Ferrara - non ha partecipato al voto.
Miracoli del Prgc triestino. Ma non è l’unica stranezza. La mozione Sulli ha diviso politicamente persino la coppia Piero Camber e Raffaella Del Punta. Quest’ultima, abile avvocato, ha scelto di non votare. «Strana questa cosa» butta lì in una nota il capogruppo dei Cittadini Roberto Decarli.
Dipiazza, ovviamente, non ha apprezzato il ”pacco” dono. «È andato su tutte le furie» assicurano i presenti. Il giorno dopo tuttavia lui sdrammatizza: «Non è successo niente. Hanno solo voluto rinviare in commissione la delibera. Il Consiglio è sovrano, ragazzi miei...» filosofeggia il sindaco. E poi aggiunge: «Vogliono vedere le carte prima di votare. Mi sembra ragionevole, Anch’io sulle armi ho chiesto il rinvio in Commissione». Tutto qua. Magari. Basta solleticarlo un po’ e allora torna fuori il solito Dipiazza, il sindaco che, se serve, sa prendere a calci anche la segnaletica stradale: «Io amo fare le cose. Quando entro in Consiglio comunale per me è un lavoro, Per qualcuno invece è un piacere in termini di perdita di tempo». A lui, si sa, il ”cazzeggio” politico non è mai andato a genio, soprattutto se lo obbliga a mangiare tardi. «Dopo il Consiglio sono andato a cenare fuori. Era meglio se andavo a cena prima. Capito il concetto. Se devo perdere tempo...».
E la maggioranza che non c’è più? E le dimissioni che qualcuno evoca come ulteriore ”presa d’atto”? Dipiazza fa spallucce. «Mi mancano quattro mesi da sindaco. Se do le dimissioni domani mattina pensi che personalmente mi cambi qualcosa? Non sono all’inizio del mandato. Il primo dicembre sono 14 anni che faccio il sindaco...». E allora? Allora resta. La maggioranza non è più davvero un suo problema.
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