Trieste, l’Università popolare rimane in stallo: commissario atteso da due mesi
TRIESTE Due mesi fa il collegio dei revisori dei conti dell’Università Popolare di Trieste aveva chiesto il commissariamento dell’ente. Ad oggi, malgrado le dimissioni della presidente Cristina Benussi, di alcuni membri del direttivo e l’“intenzione” di uscire di scena pure del direttore Fabrizio Somma, tutto tace. A metà settembre era arrivato anche il via libera del ministero degli Esteri al commissariamento. Ma la realtà di piazza Ponterosso continua a vivere nel limbo, con le mani legate su molte attività. Qualcosa però bolle in pentola, è indubbio. La Regione mantiene il massimo riserbo, e anticipa che tra un paio di giorni rilascerà dichiarazioni ufficiali sul tema.
L’Upt è una realtà unica per certi versi, non è semplice e non è neppure detto sia giuridicamente possibile commissariarla. Il nodo che si trovano a dover sciogliere la Farnesina, la Regione e la Prefettura non è di facile soluzione. Ma il fatto che la Regione non abbia ancora sostituito i membri che hanno dato le dimissioni e che le competono all’interno dell’ente, fa intuire che la direzione è quella del commissariamento. La situazione è certamente ingarbugliata. E in attesa che una luce si accenda facendo chiarezza sul destino dell’ente, il cda di Upt ha chiesto alla presidente Benussi di rimanere per il disbrigo delle pratiche ordinarie. La prestigiosa realtà, verosimilmente proprio a causa delle criticità emerse in questi mesi, nell’avviare i corsi per l’anno 2018-2019 ha registrato una flessione nel numero di iscritti.
Agli altri membri del consiglio direttivo che avevano presentato le dimissioni, il cda ha chiesto la disponibilità a rimetterle. L’unico ad averla inizialmente data era stato il consigliere Renzo Grigolon. Che però puntualizza: «Avevo posto come condizione la possibilità di avviare una discussione aperta sulla situazione – spiega –, fissando degli obiettivi per ridare dignità all’ente. Non ho ricevuto rassicurazioni in tal senso ma solo una richiesta perentoria di ritiro delle dimissioni. Non ho accettato».
Di fronte alla paralisi di Upt, si sta invece muovendo l’Unione italiana, che nei giorni scorsi ha avuto un incontro con la Direzione generale per l’Unione europea del ministero degli Affari esteri per illustrare l’attività dell’Ui dall’introduzione nel 2001 della legge 73 per gli interventi a favore della comunità italiana oltre confine. Uno scatto in avanti che qualcuno ha interpretato come un tentativo di voler togliere visibilità a Upt ma soprattutto competenze. In questo contesto si inserisce ovviamente l’apprensione dei dipendenti dell’Università popolare, che chiedono chiarimenti in ordine alla gestione dell’operatività di Upt.
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