Trieste, l’invasione delle meduse minaccia cozze e vongole FOTO E VIDEO

TRIESTE Sinuose nei movimenti e belle a vedersi a patto di non trovarsele accanto in acqua. Le meduse sembrano aver spostato la propria residenza nel golfo di Trieste e gli stessi ricercatori dell’Ogs, l’Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale, parlano ormai di «presenza costante durante tutto l’anno». Diverse centinaia di esemplari, infatti, sono stati avvistati in questi giorni lungo la costa triestina.
Le raffiche di vento possono aver contribuito a sospingere questi animali verso la terraferma, lungo le Rive, ma la loro comparsa non ha più il carattere dell’eccezionalità. La conferma arriva da Paola Del Negro, direttrice della sezione di Oceanografia dell’Ogs, che invita ad «abituarsi alla convivenza con questa specie marina». La ricercatrice, per chiarire ulteriormente ciò che sta accadendo nei nostri mari, cita le parole del biologo marino Ferdinando Boero, docente all’Università del Salento associato al Cnr-Consiglio nazionale delle ricerche, uno dei massimi esperti al mondo in tema di meduse: «Stiamo assistendo – così Boero – al passaggio da un mare di pesci a un mare di meduse».
Le specie che in questo periodo dell’anno solcano le acque del golfo di Trieste sono due. Si tratta della Rhyzostoma pulmo, meglio conosciuta come “bota marina” o “polmone di mare”, e della Cothyloriza tuberculata. Quest’ultima, in particolare, ama farsi vedere in queste acque proprio alla fine del periodo estivo, mentre la prima è una presenza fissa durante tutto l’anno, mesi invernali compresi. La Rhyzostoma pulmo può raggiungere i 10 chilogrammi di peso ed è riconoscibile per il grande cappello bianco, quasi trasparente, che può misurare fino a 60 centimetri di diametro e che ai margini tende al blu-violaceo.
La Cothyloriza tuberculata, invece, presenta un caratteristico ombrello a forma di disco bianco, con una gobba rotonda e gialla al centro, mentre il margine è tipicamente frastagliato, di colore giallo o talvolta verdastro. «La “bota marina” ha trovato una sua nicchia di riproduzione e sopravvivenza proprio nel nostro mare – spiega Del Negro - . Lo si capisce anche dal fatto che avvistiamo esemplari di questa specie di tutte le dimensioni, mentre risultano in aumento anche gli avvistamenti dei predatori naturali delle meduse stesse, come il pesce palla e le tartarughe».
La presenza di questi animali non deve preoccupare dal punto di vista della salute pubblica, visto che gli esemplari “nostrani” sono capaci di una scarsissima tossicità. I guai maggiori, in questo caso, li potrebbe patire il comparto della pesca. Le meduse, infatti, sono in grado di alterare gli equilibri delle reti trofiche, le relazioni che vi sono fra prede e predatori all’interno di un ecosistema. Cibandosi di plancton e di larve di pesci, infatti, le meduse entrano in competizione con le altre specie ittiche. Gli stessi mitili, ad esempio, potrebbero entrare in sofferenza a seguito di questa continua predazione del plancton. I pescatori, inoltre, sono testimoni diretti di un altro genere di danno che vede protagoniste le meduse. Succede quando queste finiscono nelle reti da pesca e con il loro peso contribuiscono a romperle, oppure quando la loro massa gelatinosa finisce per ingolfare i motori delle stesse barche.
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